La sinistra Pd e la marcia dell’arrocco

Giuseppe Civati ha deciso di non partecipare alla Festa dell’Unità di Bologna offeso per non aver ottenuto dagli organizzatori la possibilità di spostare di un giorno la sua presenza sul palco dei dibattiti. Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, invece, alla festa ci sono andati. E sia pure tra mille prudenze e, per quanto riguarda D’Alema, con qualche vecchia perfidia, hanno approfittato dell’occasione per lanciare qualche strale polemico all’indirizzo di Matteo Renzi.

È il segnale che la cosiddetta minoranza del Partito Democratico, quella minoranza che in realtà continua ad essere maggioranza nei gruppi parlamentari, ha deciso di rialzare la testa nei confronti di un premier che non si accontenta di essere contemporaneamente segretario del Pd e Presidente del Consiglio, ma svolge anche le funzioni di superministro supplente dei singoli ministri e rappresentante unitario di tutti i componenti della segreteria del partito?

L’annuncio che Renzi vuole andare avanti per “Mille giorni” alla guida del Governo e, ovviamente, a quella del Pd, ha eliminato (almeno per il momento) l’ipotesi di elezioni anticipate. E, se per un verso ha tranquillizzato quei parlamentari non renziani convinti che il voto servirebbe al leader per fare piazza pulita dei suoi avversari interni, per l’altro ha posto gli esponenti della minoranza di fronte al problema di come attrezzarsi per arrivare alla fine dei prossimi tre anni di renzismo rampante conservando un minimo di ruolo politico nel partito e nel Paese.

I primi segnali indicano che per compiere la loro personale “lunga marcia” gli oppositori interni di Renzi non faranno altro che seguire le strade dettate dalla loro esperienza e dalla loro cultura. Cioè quella dell’arrocco in difesa non solo del blocco sociale di tradizionale riferimento della sinistra italiana, ma dell’intero sistema pubblico costruito nel secondo dopoguerra sulle esigenze di potere e di consenso della sinistra stessa. E quella della battaglia contro il modello dell’uomo solo al comando rappresentato da Renzi in nome di una concezione plurale del partito e della politica.

In apparenza non sembra difficile per la sinistra Pd seguire le due direttrici di fondo indicate dalla loro storia. Tanto più che la crisi economica incalzante sembra fatta apposta per far rispolverare l’antico postulato ideologico che impone di ridistribuire la ricchezza a tutela del pubblico ed a discapito del privato. E l’esperienza più antica dell’anticraxismo militante e dell’antiberlusconismo viscerale sembrano fatte apposta per insegnare alle nuove leve della sinistra come si combatte e si vince chiunque si proponga di diventare l’artefice di un modello leaderistico, decisionista e presidenzialista della politica italiana.

Nella realtà, però, questa lunga marcia fatta di arrocco non sembra così facile da realizzare. Perché le condizioni economiche, politiche e sociali che in passato hanno consentito alla sinistra di seguire questi percorsi sono profondamente mutate ed in parte non esistono più. Fassina può anche chiedere lo sforamento del 3 per cento per far aumentare la spesa pubblica (magari per permettere l’assunzione dei 150mila precari della scuola). Ma il debito dello Stato ha raggiunto livelli insostenibili e quella vecchia politica non è più realizzabile anche a causa dei veti insuperabili dell’Europa. E perché contestare Renzi così come è avvenuto per Craxi e per Berlusconi non è molto semplice. Non solo perché il premier gode di un sostegno mediatico da Paese dittatoriale e può contare su sostegni dei grandi poteri interni ed internazionali che i precedenti “autocrati” non avevano. Ma perché Renzi ha il controllo del Pd. E della tradizione post-democristiana da cui proviene ha imparato, e bene, la cinica affermazione andreottiana secondo cui “il potere logora solo chi non ce l’ha!”.

Per la sinistra Pd, dunque, se non vuole fare la fine de “L’Unità”, cioè del suo giornale storico che è stato chiuso mentre quello dell’ex Margherita “Europa” continua a vivere, deve incominciare a pensare che la sopravvivenza passa per la separazione!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26