Leopolda e S. Giovanni,   le due sinistre separate

È sicuramente una buona operazione di comunicazione quella decisa da Matteo Renzi di riaprire la Leopolda a Firenze nello stesso giorno in cui la Cgil e la minoranza Pd riempiranno piazza San Giovanni a Roma di oppositori alla riforma del lavoro ed alle politiche sociali del Governo. A dominare i media di domenica 26 ottobre non ci saranno solo la Camusso, Cuperlo, Civati e Fassina, ma ci sarà anche e soprattutto l’immagine del Premier e dei suoi sempre più numerosi fedelissimi. Ed il messaggio che arriverà all’opinione pubblica, grazie ad un’informazione in gran parte divenuta sostenitrice acritica del Presidente del Consiglio, sarà che Renzi è sempre più proiettato a rappresentare la maggioranza degli italiani a dispetto di una minoranza di nostalgici e di conservatori della sinistra più retrograda e passatista.

A perfezionare l’ottima operazione di comunicazione verrà quasi naturale per i media sottolineare la differenza antropologica tra la platea ed il palco della Leopolda e la piazza del maggior sindacato tradizionalista. A Firenze i renziani dal volto giovane e dai propositi più rampanti che mai. A Roma i vecchi militanti ormai in pensione decisi a fare l’ultimo quadrato contro la marea montante di un renzismo che punta ad andare oltre il recinto della sinistra ed a dare vita ad un nuovo partito che, come la vecchia Dc, si colloca saldamente al centro. Il tutto, ovviamente, a maggior gloria dell’indiscusso mattatore della scena pubblica italiana.

Tutto bene per Renzi, allora? Tutto tranne la considerazione che la sinistra vecchia e tradizionalista destinata ad essere travolta dal partito nuovo di marca renziana continua ad avere un radicamento non indifferente nel Paese. Per il momento questo radicamento non si traduce in una scelta elettorale diversa ed alternativa a quella del partito di Renzi. Ma quanto potrebbe incidere il giorno in cui i militanti della vecchia guardia del sindacato e del partito dovessero decidere di separare i propri destini da quelli di chi pretende di dirigerli in contrapposizione aperta e dichiarata alle loro idee?

La Leopolda che si tiene in contemporanea con la manifestazione della Cgil a piazza San Giovanni costituisce la conferma del processo di lacerazione e di separazione in atto tra le due sinistre italiane. Tra quella renziana che punta a conquistare il centro moderato e quella alternativa che non rinuncia al vecchio ruolo di opposizione di classe. Non si tratta di un fenomeno nuovo. Le sinistre europee, da quella tedesca a quella laburista inglese, lo hanno vissuto e metabolizzato ormai da decenni. In Italia, però, si vive oggi. Ed al momento non appare molto facile prevedere quanto potrà incidere sugli equilibri politici generali. I rapporti di forza tra queste due sinistre sono quelli che si registrano nell’attuale direzione del Pd e che vedono i renziani dominare su una minoranza ridotta ai minimi termini? E se anche il rapporto fosse quello è proprio certo che Matteo Renzi riuscirebbe a conservare quel quaranta per cento di consensi conquistati alle ultime europee colmando con il voto sottratto al bacino di centrodestra il vuoto lasciato dai tradizionalisti della sinistra?

Il Premier pensa di risolvere il problema modificando l’Italicum e prevedendo un premio di maggioranza per la lista e non per la coalizione vincitrice. Ma forse sbaglia i calcoli. Ed è facile prevedere che nei prossimi mesi la politica italiana ruoterà tutta attorno a questa incertezza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25