Il Premier Renzi:   una freccia nel vento

Occhio, ragazzi! Tira aria di elezioni anticipate. Matteo Renzi, conscio della pericolosità della partita che sta giocando, è tentato di passare all’incasso al botteghino elettorale prima della scadenza naturale della legislatura.

Il combinato disposto della escalation televisiva del premier con il discorsetto fatto ai suoi del Partito Democratico sulla possibilità di modificare il progetto di riforma elettorale – l’Italicum – assegnando il premio di maggioranza non più alla coalizione ma alla lista più votata, ci induce a pensar male sulle sue reali intenzioni. Renzi è consapevole dell’inefficacia delle misure messe in campo per invertire il ciclo negativo dell’economia italiana.

I pannicelli caldi spacciati per grandi riforme non incantano. Soprattutto non bastano a eludere il controllo stretto grazie al quale gli eurocrati di Bruxelles stanno tenendo per il collo il nostro Paese. Neppure può fare testo il forzato entusiasmo con cui i vertici di Confindustria hanno accolto il Documento di Economia e Finanza (Def) che reca un leggero sgravio sul costo del lavoro. I nostri grandi industriali sono noti per l’ancestrale vocazione ad accomodarsi sul carro del vincitore. Poi, se il padrone di turno del vapore Italia li omaggia con un pezzetto di carne, divengono più scodinzolanti del solito.

È stato Squinzi, il loro capo, a dire che questa è la finanziaria dei suoi sogni. Se è così allora si prenda un Alka-Seltzer, perché ne fa di sogni strani il re degli adesivi chimici. Il nostro paese è spaccato come non lo è mai stato nel suo passato repubblicano. È banale dirlo, ci sono sempre stati i pochi ricchi e i tanti poveri. Tuttavia, ai meno abbienti, ai disagiati, ai morti di fame era concessa una guarentigia con la quale fronteggiare la disperante quotidianità. Si chiamava speranza. Speranza nel futuro. Speranza di riscatto. Oggi che i poveri sono aumentati a dismisura e sono, se possibile, ancora più poveri, lo Stato, le pubbliche istituzioni, la politica hanno tolto loro quell’antica protezione che era stata un lenitivo per un popolo annichilito dalla guerra e dalla miseria preso dalla fatica di ricostruirsi. Renzi lo ha capito. Per questo intende profittare del momentaneo stordimento delle coscienze provocato dal brainstorming mediatico con il quale ha ubriacato di chiacchiere gli italiani.

Ora, dovrebbe essere la destra a scuotersi dal torpore nel quale sembra precipitata. Bisogna ricominciare a sentire la piazza. Come ha fatto la Lega. Bravo Salvini! Non è pensabile che si lasci ancora spazio alla retorica dadaista di un Beppe Grillo qualsiasi. Il leader 5 Stelle, che in fatto di capitalizzazioni la sa lunga, ha fatto razzie nell’elettorato tradizionale del centrodestra, cavalcando le angosce e le paure dei segmenti del ceto medio maggiormente penalizzati dalla crisi e, prima ancora, dall’avvento di una globalizzazione selvaggia, sfuggita di mano alla politica e divenuta ingovernabile. Lo hanno capito quelli di Forza Italia che la gente ha paura? Sono troppi quelli che hanno perso il reddito e non vedono per loro e per le loro famiglie un futuro sostenibile. Se Renzi scherza col fuoco Berlusconi non è da meno. Il suo attendismo è disarmante, ai limiti dell’ambiguità. Gli uomini e le donne del suo entourage politico vagano per i salotti televisivi a ripetere la stessa cantilena: Forza Italia perde consensi e precipita nei sondaggi perché il suo leader non ha la piena agibilità politica, deve andare una volta alla settimana a Cesano Boscone e la sera deve rientrare presto a casa. Ma, vedrete, quando sarà pienamente libero ritornerà in campo per riprendersi il suo vecchio bacino elettorale.

Domanda ai vertici forzisti: ci credete davvero che andrà così? Pensate seriamente che il popolo di destra, abbandonato alla confusione di una linea politica tanto ondivaga, sarà facilmente riconquistabile? Saranno sufficienti quattro comparsate televisive per rimettere le cose a posto? Chiamatela sensazione, chiamatela scaramanzia, ma ci convince poco la storiella del tocco magico. Comunque, non sarebbe una cattiva idea se, per un po’ di tempo, i nominati col “Porcellum” si schiodassero dalle buvette di Montecitorio e di Palazzo Madama e tornassero in strada. Tra la gente. Forse aveva ragione Giorgio Gaber quando cantava che “c’è solo la strada su cui puoi contare… perché il giudizio universale non passa per le case…”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29