La sfiducia di Ferrara   e l’appello a Berlusconi

Ci sarà pure una ragione a spingere Giuliano Ferrara a sollecitare Silvio Berlusconi a non mandare all’aria il Patto del Nazareno ed a continuare ad appoggiare, sia pure nel ruolo di oppositore responsabile, il governo del segretario del Partito Democratico! Questa ragione può anche essere segnata da quel pizzico di furbo cinismo che può spingere un personaggio dell’esperienza e della qualità di Ferrara a consigliare al ventennale “amor suo” di non tentare di uccidere in culla il prodotto “migliore” della propria storia politica. Al tempo stesso può anche essere caratterizzata da un altro pizzico di quel sano realismo, che non manca a chi ha sgambettato sulle ginocchia di Palmiro Togliatti, di suggerire al Cavaliere di piegarsi per non spezzarsi di fronte all’inevitabile ondata renziana.

Ma al fondo della richiesta che Ferrara ha rivolto a Berlusconi di continuare a sostenere Matteo Renzi fino a trasformarlo nel suo successore naturale, c’è molto di più di un pizzico di furbo cinismo e di un altro pizzico di sano realismo. C’è la sfiducia non nei confronti della capacità di Berlusconi di non essere travolto dall’ascesa arrembante dell’erede di sinistra del berlusconismo. La sfiducia riguarda l’area politica di cui il Cavaliere è stato il punto di riferimento per vent’anni ed a cui Ferrara non riconosce la capacità di poter sostenere il proprio leader e di essere in grado di dare vita ad un’alternativa credibile al renzismo rampante.

Molti fattori giustificano questa sfiducia. Il centrodestra si è frantumato facendo la stessa fine di quel pentapartito della Prima Repubblica di cui è stato per due decenni l’erede ed il continuatore e, al momento, non sembra in grado di ricompattarsi. Le scissioni di Fini e di Alfano hanno polverizzato la tradizione della destra nazionale e quella del centro moderato. E la scoperta da parte della Lega di poter risalire dal declino imposto dal rinserramento nel ridotto padano imitando a livello nazionale il lepenismo francese, sembra rendere del tutto improbabile un ritorno alla vecchia coalizione di centrodestra egemonizzata dal Cavaliere. Ma non basta. C’è una terza considerazione addirittura più convincente delle altre. Cioè quella secondo cui in vent’anni il centrodestra non è riuscito a dare al proprio blocco di interessi un’adeguata amalgama politica e culturale. Con il risultato che nel momento in cui gli interessi sono saltati, il blocco si è frantumato.

Non si può dare torto a Ferrara, allora, quando consiglia a Berlusconi di non contare su quello che dovrebbe essere il proprio esercito e di puntare solo su se stesso in quanto padre putativo del prossimo padre della patria. Tutti renziani, allora? Per quanto mi riguarda nient’affatto. Perché, pur condividendo le considerazioni di Ferrara, sono convinto che vent’anni passati non hanno prodotto solo la berlusconizzazione della sinistra intesa come conversione al leaderismo, ma ha anche introiettato nel Paese l’abitudine alla democrazia dell’alternanza. In particolare ha rotto definitivamente lo schema compromissorio della Prima Repubblica fondato sulla predominanza dell’aristocrazia di derivazione ciellenista e di cultura cattocomunista su un Paese in gran parte inconsapevolmente liberale.

Può essere che nella sfiducia di Ferrara nei confronti del popolo di centrodestra pesi ancora il pregiudizio nobiliare ed antropologico di quel tempo. Ma la realtà indica che il “terzo stato” d’ispirazione liberale esiste e di fatto rappresenta una alternativa, l’unica possibile, ad un renzismo che imita nelle forme il berlusconismo ma punta a realizzare un regime ispirato al più smaccato populismo di sinistra ed al vecchio socialismo reale all’italiana.

Certo, questo “terzo stato” va organizzato, sostenuto, guidato. Non solo perché si oppone a Renzi, magari anche con l’astensione alle elezioni, ma anche perché è portatore (anche in questo caso spesso senza rendersene conto) della sola strategia capace di portare il Paese fuori dalla crisi. L’invito a Berlusconi, allora, non è di benedire il Peron alla fiorentina, ma di tornare ad organizzare, sostenere e guidare il popolo dell’alternativa. Come nel ‘94!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22