La questione dei Marò e la strada dei magliari

Per mesi e mesi il Governo ha chiesto una sorta di silenzio stampa sulla vicenda dei marò. E per mesi la grande stampa ha obbedito alla “velina” di Palazzo Chigi seguendo un riflesso pavloviano risalente ai tempi del fascismo. Nello stesso periodo, con qualche isolata eccezione, tutte le forze politiche hanno messo la sordina al caso dei due fucilieri di Marina detenuti in India per un reato che dopo due anni e mezzo ancora non è stato loro formalmente contestato.

Questo silenzio dei media e questa inattività delle forze politiche sono dipesi in parte per la stanchezza suscitata da un caso che non sembra avere mai fine. Ma sono state soprattutto il frutto di una convinta e generale apertura di credito nei confronti del Governo Renzi. Il Premier aveva chiesto silenzio e comprensione assicurando che il suo Esecutivo non avrebbe compiuto gli errori di quelli di Monti e Letta che lo avevano preceduto e che avrebbe avuto successo dove gli altri avevano clamorosamente fallito. Il mondo dell’informazione e quello politico avevano aderito a questa richiesta. E con loro anche un’opinione pubblica convinta che le capacità taumaturgiche di Renzi avrebbero sicuramente compiuto quel miracolo che non era riuscito ai suoi predecessori non unti dal Signore.

La decisione della magistratura indiana di respingere le richieste di Latorre e Girone dimostra che il credito concesso al Governo Renzi è stato il frutto di una illusione. Palazzo Chigi, che come in tutti i dossier importanti aveva avocato a sé la gestione della questione, ha sviluppato pedissequamente la stessa strategia della diplomazia informale seguita da Monti e Letta, cercando di far conciliare gli interessi commerciali con quelli umani dei marò. E ha subito lo stesso bruciante scacco scoprendo di aver avuto per tutto questo tempo gli interlocutori sbagliati e di aver adottato quel metodo della “trattativa all’italiana” che può andare bene con i predoni del deserto o con i gruppi terroristici più scalcinati, ma non funziona con uno stato dove il potere giudiziario è separato da quello politico.

La delusione per questo fallimento è forte. Non solo perché dimostra che il caso dei marò è ancora molto lontano dalla sua soluzione, ma perché rende evidente come il Governo Renzi non avesse alcuna carta segreta da giocare, non fosse provvisto di alcun potere taumaturgico e fosse schiavo di quel meccanismo perverso che spinge il nostro Paese a seguire sul terreno internazionale la strada segreta dei “magliari” piuttosto che quella trasparente del diritto. Ora c’è il rischio che ad errore si aggiunga errore. Il preannunciato richiamo dell’ambasciatore costituisce una pressione inutile su un governo che non ha alcun potere sulla Corte Suprema (separazione dei poteri). Ed espone a ritorsioni, sia politiche che giudiziarie, sul fuciliere rimasto in India.

La strada più corretta e diretta, invece, è solo quella dell’arbitrato internazionale. Che aspetta il Governo Renzi ad imboccarla dopo aver preso atto che il percorso tortuoso dei “magliari” ha prodotto solo disillusione e discredito?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28