Greta, Vanessa  e la doppia regola

Si fa ma non si dice. È la linea italiana per la liberazione di chi viene rapito fuori dei confini del Paese.

Cioè si tratta con i rapitori, si paga il ricatto convenuto ma si evita accuratamente di ammettere la trattativa ed i pagamenti. Per non alimentare altri terroristi a rapire altri italiani per spillare altri quattrini al nostro Paese? Nient’affatto. Perché non c’è terrorista al mondo che non sappia che l’Italia tratta e paga. Ma perché le altre nazioni occidentali non condividono affatto questa regola di comportamento dei governi italiani (di tutti, senza eccezione alcuna). La considerano non tanto come un cedimento poco onorevole ai predoni di turno, quanto come una sorta di finanziamento ai terroristi decisi ad usare le alte somme dei riscatti per acquistare armi e potenziare le proprie strutture. E, soprattutto, perché questa regola del si fa ma non si dice che vige fuori dei confini non vale dentro il territorio nazionale, dove la legge stabilisce che non si tratta con chi sequestra ed arriva addirittura a porre sotto sequestro i beni ed il patrimonio delle famiglie delle vittime per evitare che le liberazioni avvengano dietro trattativa e pagamento di denaro.

Tutti adesso sono felici e si rallegrano per la liberazione di Greta e Vanessa. Ed è assolutamente giusto che sia così. Perché la vita di due persone ha sempre un valore infinitamente superiore a qualsiasi somma di denaro. Ma non si può cogliere l’occasione limitandosi a salutare con gioia il ritorno delle ragazze. La vicenda deve servire non a scatenare polemiche inutili, ma a sollevare almeno qualche questione di fondo. La prima è proprio quella della doppia regola, quella interna e quella esterna, nei confronti dei rapimenti. È vero che anche dentro i confini nazionali questa doppia regola abbia avuto applicazioni contrastanti. Chi ha dimenticato la fermezza nel rapimento Moro e la trattativa nel caso Cirillo? Ma è ancora più vero che le norme contro i sequestri non dovrebbero avere una qualche limitazione legata al territorio o alle opportunità politiche. E sarebbe bene sapere se, come e quando debbono essere applicate o debbono essere ignorate.

La seconda è quella della trasparenza. Se questa esigenza deve valere per ogni atto ordinario della pubblica amministrazione, deve a maggior ragione valere per gli atti straordinari. È bene che si faccia chiarezza su chi, come, quando e quanto sia stato pagato ai rapitori. Per evitare speculazioni inevitabili sulle oscurità della tormentata storia. Ma anche per sollevare un problema di responsabilità delle organizzazioni impegnate nel volontariato non solo umanitario ma anche di fiancheggiamento in zone in cui fazioni diverse sono impegnate in guerre sanguinose. Fino ad ora queste organizzazioni hanno operato con la consapevolezza di poter contare su una sorta di assicurazione gratuita e tacita assicurata dallo Stato attraverso la Farnesina, la sua unità di crisi ed i servizi segreti.

Forse è il caso che d’ora in avanti queste organizzazioni si paghino la loro assicurazione, assumendosi la responsabilità dei propri atti senza continuare a scaricarla sui contribuenti!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:09