La sinistra dismissione dell’orgoglio italiano

Cosa sta combinando di negativo per l’Italia questo governo? Tanto. Sebbene molte delle scelte compiute non siano così visibili come dovrebbero. Prendiamo il caso della nostra Marina militare. Dalla fine degli anni Settanta, tutti gli analisti di scenari geopolitici erano consci che il pericolo per l’Occidente non sarebbe venuto da Est, dall’Impero sovietico ridotto in bancarotta, ma dal Sud del pianeta.

In particolare, era chiara la percezione che alcuni paesi islamici, rianimati dai colossali proventi del petrolio, avrebbero potuto fare da sponsor finanziari a movimenti politico-religiosi radicali, antagonisti della cultura occidentale egemone. Nel riallineamento sullo scacchiere globale l’Italia finiva per ritrovare un ruolo strategico di fondamentale importanza, viste le sue caratteristiche di piattaforma naturale posta nel Mediterraneo, tra il Sud e il Nord del mondo. Questa semplice considerazione avrebbe dovuto suggerire ai nostri governi di prestare la massima cura alla tenuta di un apparato marittimo di difesa piuttosto ampio e al passo coi tempi. Questione di buon senso.

Succede però che al governo arrivi la sinistra e con essa, ai vertici delle istituzioni pubbliche, vadano i giovanotti e le giovanotte che un tempo sfilavano per le strade sotto le bandiere arcobaleno del pacifismo integralista. Quelli del “mettete i fiori nei vostri cannoni” e del “facciamo l’amore, non facciamo la guerra”. In fondo, è comprensibile che, quando si è giovani, si stia a “cazzeggiare” con le ideologie estremiste. Lo è meno quando, da adulti, si assurga ad alta carica dello Stato. Allora il pacifista del tempo che fu si mette d’impegno a smantellare dall’interno ciò che più d’ogni altra cosa connota la forza di una nazione: il suo apparato di difesa.

Nella Legge di Stabilità del 2014 sono stati stanziati 5,4 miliardi di euro per la ristrutturazione della flotta dalla Marina militare. Verificando i piani si apprende che nei prossimi dieci anni verranno messe in disarmo ben 57 unità. Tra quelle destinate alla dismissione vi sono navi che evocano esaltanti ricordi come l’incrociatore “Giuseppe Garibaldi”, la nostra prima portaerei, il cacciatorpediniere Durand de la Penne, la fregata Grecale. Un’ovvia considerazione indurrebbe a pensare che eliminati mezzi ormai obsoleti, essi vengano sostituiti con unità dalle medesime caratteristiche, solo più aggiornate. Non è così. Se si guardano le schede tecniche delle nuove costruzioni si comprende pienamente quanto sia pericoloso e deprimente per l’Italia trovarsi, in questo delicatissimo momento storico, a essere governati dagli ex-comunisti e dai bambini prodigio del solidarismo cattolico.

Al posto delle unità da combattimento sono previste tre tipologie di mezzi: pattugliatori polivalenti d’altura, una nave logistica e una nave anfibia. La caratteristica che accomuna le tre classi è la loro destinazione d’impiego. Serviranno per il soccorso in mare, per gli interventi della protezione civile, per l’assistenza alle unità navali delle Marine straniere e per evacuare improbabili masse di residenti italiani all’estero in caso di calamità naturali. Imbarcheranno presidi ospedalieri e avranno elevata capacità d’accoglienza e di assistenza sanitaria. Scarso invece sarà il loro potenziale offensivo. Quindi, la “mission” resta l’accoglienza dei clandestini. Chiunque siano e da dovunque provengano.

Ma se qualcuno ci attacca, a noi chi ci difende? Gli alleati della Nato? L’abdicazione a ogni pretesa di deterrenza bellica è francamente abominevole. Facciamo le crocerossine e poi supplicheremo le altre potenze di proteggerci. Che onore c’è in queste scelte? Nessuno. Per far trionfare la loro ideologia stanno svendendo la nostra capacità offensiva. E poi ci si meraviglia che questo governo abbia abbandonato al loro destino Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Ma i parlamentari d’opposizione della destra hanno contezza di quello che sta accadendo?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13