In Libia la morte non fa più scandalo

Intissar al Hasaari, giovane attivista per i diritti umani in Libia e fondatrice del gruppo “Tanwer” – illuminazione – è stata trovata cadavere all’interno del bagagliaio della sua autovettura a Tripoli. Il corpo, crivellato di proiettili, era accanto a quello della zia, anch’essa trucidata dai fondamentalisti islamici, autori del massacro. Sono state spente altre due vite innocenti. È così che viene colpita al cuore la speranza che aveva i lineamenti e il sorriso di una giovane donna. La morte in sé non fa scandalo, è la capacità delle persone di darsi alla causa della libertà che provoca scandalo. Ma a noi occidentali di queste morti sacrificali frega qualcosa? Stando alle conclusioni a cui sono giunti i capi dei governi occidentali, non dovrebbero riguardarci. Restiamo impotenti alla finestra a osservare non si sa più cosa.

Con il massimo dell’ipocrisia possibile la comunità internazionale insiste nel voler puntare sull’accordo delle parti attualmente in conflitto. Peccato che le milizie e i clan non abbiano alcuna intenzione di far pace. Anzi, i negoziati per il cessate-il-fuoco che avrebbero dovuto proseguire nelle prossime ore a Rabat, in Marocco, sono stati rinviati sine die. Ormai, lo sforzo diplomatico dell’inviato dell’Onu, Bernardino Leon, è stato vanificato dalla voce delle armi.

C’è in giro voglia di resa dei conti che nessuno, dall’esterno, è in grado di fermare con le buone maniere. Il nostro Premier ha più volte detto che le faccende della Libia devono sbrigarsele i libici. Peccato che le loro rogne finiranno per travolgere anche noi. Questo particolare, Matteo Renzi finge di ignorarlo. Dopo qualche timido tentativo di raccontare in giro quanto fosse pericolosa la situazione, il Presidente del Consiglio ha fatto marcia indietro piegandosi alle decisioni assunte a Bruxelles, a Berlino e a Washington. L’Egitto, che senza tanti complimenti ha preso l’iniziativa di un primo intervento punitivo per fermare l’avanzata delle bande dello Stato Islamico dell’Is, ci chiede aiuto per potere completare l’opera di bonifica del territorio libico dalla presenza jihadista. La cosa ci dovrebbe interessare parecchio. Invece, niente. A Palazzo Chigi: encefalogramma piatto. Non c’è vita su Marte e neppure nel governo italiano. Ridotti al silenzio dai partner europei e transatlantici, si attende il peggio. Quel peggio che, però, toccherà alla gente comune dover contabilizzare nelle proprie quotidiane esistenze.

Ma non vogliamo tirarla per le lunghe. Da parecchio tempo stiamo a denunciare i rischi derivanti da un nostro mancato intervento militare in Libia. Continuiamo a farlo per tenere i riflettori accesi sulla questione e perché siamo graniticamente convinti che sia l’unica via d’uscita praticabile per la difesa dei nostri interessi nazionali. Ne parliamo perché nessuno dimentichi cosa ci attende oltre l’uscio di casa e perché si ricordino sia i morti sia i vivi di questo dramma mediterraneo. Ne parliamo perché, come direbbero i pubblici ministeri, c’è un concreto pericolo di fuga dell’imputato Renzi dalle sue responsabilità.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11