Il califfato e il pietoso medico europeo

Non c’è solo il pregiudizio pacifista a spingere i governi europei, ed anche quello italiano, ad escludere qualsiasi intervento militare diretto a salvare la Libia dal caos che la sta distruggendo e che rischia di espandersi in Europa.

I realisti, infatti, mettendo da parte qualsiasi idiosincrasia di stampo pacifista nei confronti dell’uso delle armi per esportare la pace (non più la democrazia), rilevano che qualsiasi intervento militare in Libia servirebbe solo a fare il gioco degli islamisti dell’Isis. Questi ultimi potrebbero, più facilmente di quanto già fanno adesso, gridare al ritorno dei “crociati”. Ed in nome di una “guerra santa” divenuta concreta a causa dell’intervento occidentale, conquistare quell’egemonia su tutte le tribù e le fazioni che al momento si combattono sul territorio libico in nome proprio e per conto dei loro sponsor iraniani, sauditi o emiratini che siano.

La tesi secondo cui un intervento militare non sarebbe solo costoso in termini economici e di vite umane ma anche drammaticamente controproducente è sicuramente fondata. Ma non tiene conto di alcune valutazioni che non possono essere sottovalutate. La prima riguarda il tipo di intervento ipotizzato. Di sicuro una invasione della Libia da parte dei paesi occidentali avrebbe come effetto la trasformazione dell’Isis nella calamita di tutti gli islamisti e la proclamazione di fatto di una guerra di religione che nessuno vuole. Ma siamo proprio certi che un intervento ridotto, magari la semplice azione dei droni contro i barconi degli scafisti, non otterrebbe lo stesso effetto? Per i sostenitori del nuovo califfato ogni pretesto può essere buono per invocare la guerra santa. Anche perché è ormai da tempo che in maniera unilaterale hanno proclamato e stanno conducendo la loro guerra di religione. Per loro e per la loro propaganda non esiste alcuna differenza tra un drone ed un soldato. Così come non esiste alcuna differenza tra un intervento motivato da ragioni umanitarie o uno giustificato da esigenze difensive.

La seconda considerazione riguarda invece l’efficacia temporale di qualsiasi tipo d’intervento. Il medico pietoso, si sa, fa la piaga purulenta. E nel caso libico ogni rinvio di una azione tesa a favorire una stabilizzazione voluta dagli altri Paesi rivieraschi (Egitto e Tunisia in primo luogo) serve solo a consentire all’Isis di rinforzarsi e di conquistare fette sempre più consistenti di territorio e di risorse petrolifere. Oggi i costi di un intervento militare chirurgico potrebbero essere contenuti e risolutivi. Domani il rischio di essere costretti a reagire ad una guerra lanciata da un califfato libico consolidato e destinata a durare a lungo potrebbe diventare insopportabile.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17