Premierato autoritario e Senato di controllo

Nei lunghi anni dell’Era Napolitano il sistema istituzionale del Paese è stato un presidenzialismo di fatto. Non dichiarato da nessuno. Al contrario, ostinatamente negato ed ufficialmente rifiutato dalla maggioranza di sinistra che in Parlamento e nel Paese ha sempre bocciato ogni vaga ipotesi di sostituzione del modello parlamentare con quello presidenziale. Ma presidenzialismo di fatto è stato. Magari giustificato dall’emergenza. Ma sempre di presidenzialismo si è trattato. Applicato con la formula tutta italiana del si fa ma non si dice.

Ora, con la riforma elettorale voluta da Matteo Renzi, il sistema istituzionale del Paese passa dal presidenzialismo di fatto al premierato altrettanto di fatto. Cioè alla trasformazione del modello parlamentare fondato sulla centralità delle assemblee elettive ad un modello in cui il ruolo centrale e decisivo diventa l’Esecutivo, o meglio, un Premier che è eletto direttamente dal corpo elettorale e che non ha altro bilanciamento al di fuori del proprio buon senso.

Per chi è sempre stato convinto che il sistema parlamentare fosse ormai incompatibile con le esigenze di governabilità imposte da una società fondata sulla velocità e l’efficacia delle decisioni, l’avvento del Premierato non è la fine della democrazia. Al contrario, è il passaggio ad una democrazia più matura. Ma perché realizzarlo sempre all’insegna dell’ipocrita formula del si fa ma non si dice? E, soprattutto, perché non prevedere un bilanciamento del potere del Premier diverso dal suo ipotetico buon senso attraverso una modifica dichiarata e non surrettizia del sistema istituzionale?

La sfida che va lanciata a Renzi è questa. Vuole il Premierato? Lo dichiari ufficialmente. E, soprattutto, non si opponga a che la modifica del sistema istituzionale, realizzato a colpi di voti di fiducia con legge ordinaria, venga compiuto con una legge costituzionale destinata a contenere norme di contrappeso al potere del Premier.

Gli oppositori del Presidente del Consiglio, sia quelli dell’opposizione interna al Pd che quelli dell’opposizione esterna, debbono ora condurre la loro battaglia sulla riforma della Costituzione. E pretendere che al posto dell’assurda pretesa di trasformare il Senato nella Camera del dopolavoro dei consiglieri regionali ci siano misure dirette a correggere un Premierato autoritario di fatto e senza regole.

Gli oppositori di Renzi debbono affrettarsi a lanciare la loro sfida sul terreno della riforma costituzionale. Puntando a far saltare il progetto di dare vita ad un Senato declassato e del tutto inutile e cercando di trasformare Palazzo Madama nello strumento istituzionale di bilanciamento dello strapotere del Premier.

Come? Anche correndo il rischio di andare ad elezioni anticipate.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16