Marino, disonesto  intellettualmente

Matteo Renzi farebbe bene ad incominciare a rivedere la formula che ha usato per liquidare Ignazio Marino, da lui considerato una delle cause della sconfitta elettorale alle recenti amministrative. Secondo questa formula il sindaco di Roma è onesto, ma incapace. E per questo andrebbe al più presto sostituito per evitare che la sua evidente incapacità lo porti a provocare altri e più gravi disastri.

Ma è ancora valida questa formula dopo che Marino si è presentato alla Festa dell’Unità e per strappare l’applauso dei militanti e per ribadire la propria adamantina onestà ha ripetuto che la colpa di “Mafia Capitale” è tutta del suo predecessore Gianni Alemanno e che i fascisti debbono tornare nelle fogne da dove sono usciti?

Lo schema “Marino onesto ma fesso” caro a Renzi esce decisamente malconcio dalla sortita del primo cittadino. Perché Marino non si è limitato a ribadire la differenza antropologica tra la sinistra innocente e la destra criminale, ma è andato decisamente oltre sostenendo che prima del suo avvento salvifico quella parte del Partito democratico che tanto lo contesta e lo intralcia faceva affari consociativi con i fascisti usciti dalle fogne senza nutrire rimorsi di sorta.

Anzi, a ben guardare, lo schema esce decisamente ribaltato. Marino non è affatto quel fesso che i renziani vorrebbero far apparire e quell’incapace che è considerato dalla maggioranza dei romani. Ma è un furbo di tre cotte che mette in mostra una forma di disonestà decisamente più grave e pericolosa di quella che viene portata e sancita nelle aule di giustizia.

Marino, in sostanza, è disonesto intellettualmente. E non perché se la prende con gli avversari e li bolla con uno slogan da anni di piombo che solo un irresponsabile o un mascalzone può riesumare per propri interessi e senza calcolarne le conseguenze devastanti. Ma perché pur di salvare se stesso, la propria poltrona di sindaco e il proprio futuro politico bolla come carogne da rinviare nelle fogne non solo i fascisti ma anche i comunisti consociativi. E poiché il consociativismo romano è antico di almeno un paio di generazioni, pone se stesso come l’anno zero della virtù e dell’onestà dopo gli anni bui della corruzione e della criminalità. Ovvero, “prima di me il diluvio”! È fesso un personaggio del genere? È un incapace? Nient’affatto. È un disonesto intellettualmente e politicamente. Cioè una persona che pur di salvarsi dagli strali renziani è pronto a tutto, dalla stravolgimento della realtà alla rievocazione della guerra civile degli Anni Settanta. Il tutto sulla pelle di Roma. Cioè dell’Italia.

Può un invasato del genere mettere fine a quella consociazione affaristica che non tocca solo il settore delle cooperative sociali, ma riguarda ogni altro settore segnato dalla presenza invadente e condizionante della mano pubblica? La risposta è scontata. Chi è disonesto intellettualmente può solo fare nuovi danni! Per questo va rimandato da dove è venuto. Non nelle fogne, ma in ospedale. Come medico, ma forse anche come paziente!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17