Un Paese a rischio

Matteo Renzi ed il ministro Pier Carlo Padoan assicurano che il nostro Paese è fuori dalla linea di fuoco e che non subirà contraccolpi dai contraccolpi della vicenda greca. Perché non siamo nel 2011, perché abbiamo fatto le riforme e perché c’è la copertura della Bce.

Ma la loro rassicurazione non rassicura affatto. La speculazione può tornare a scattare come avvenne nel 2011. Ed anche se allora l’azione speculativa venne sostenuta da un obbiettivo politico dell’asse franco-tedesco, quello di fare fuori Silvio Berlusconi colpevole di mantenere rapporti privilegiati con Putin in nome dell’interesse nazionale italiano, nessuno può escludere che possa puntare ancora una volta sul Paese con il più alto debito pubblico d’Europa. È vero che oggi la Bce di Mario Draghi ha gli strumenti per intervenire sul mercato che allora non aveva e che, soprattutto, ancora non aveva utilizzato. Ed è questo il vero elemento di rassicurazione. Perché se si dovesse pensare di passare indenni dalla tempesta proveniente da Atene solo grazie allo scudo delle riforme effettuate dal governo attuale, potremmo metterci l’anima in pace e prepararci al peggio.

Purtroppo, infatti, le riforme a cui fanno costante riferimento Renzi e Padoan sono o inesistenti o prive di qualsiasi efficacia. I dati Istat, a dispetto della lettura edulcorata e fasulla dei media collaborazionisti, indicano con chiarezza che la ripresa non c’è, che l’occupazione non riparte e che, anzi, nel mese di maggio sono stati addirittura persi sessantamila posti di lavoro. Lo Jobs Act, che avrebbe dovuto fare meraviglie, ha fatto cilecca. E non perché sia una legge totalmente sbagliata ma perché è solo una aspirina per una società che è gravemente malata e che avrebbe bisogno di interventi molto più incisivi.

La riforma della giustizia, che avrebbe dovuto portare quella certezza del diritto che nel nostro Paese manca e che produce la sostanziale paralisi delle attività produttive, è latitante. Il caso della Fincantieri di Mestre, bloccata dalla decisione astrusa di un magistrato, lo dimostra fin troppo chiaramente. La riduzione delle spese inutili ed il taglio delle burocrazie sprecone non sono mai state neppure iniziate. La pressione fiscale non solo non è stata fermata ma ha raggiunto livelli insostenibili.

Il Paese, in sostanza, è a rischio. Per le sue carenze strutturali ma anche e soprattutto perché non ha una guida all’altezza della situazione. Che sia questa consapevolezza crescente la ragione del calo vertiginoso di consensi nei confronti di Matteo Renzi?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:20