La riforma a colpi di trasformismo

Con Giorgio Napolitano al Quirinale abbiamo avuto una Costituzione materiale che ha modificato nei fatti quella formale e ha trasformato la democrazia parlamentare in un sistema di tipo presidenziale. Con l’avvio della presidenza di Sergio Mattarella, sembra che quel singolare tipo di riforma costituzionale abbia subìto una interruzione.

Il nuovo capo dello Stato interviene ma non impone. E la sua azione appare indirizzata ad escludere la continuità con il presidenzialismo materiale di Napolitano ed a realizzare un sostanziale ritorno alla democrazia parlamentare.

Tutto bene? Niente affatto. Perché non si può nutrire alcun tipo di nostalgia per il parlamentarismo consociativo della Prima Repubblica. Ma, soprattutto, perché la riforma costituzionale fortemente voluta da Matteo Renzi sta modificando sia la costituzione formale, sia quella materiale del presidenzialismo di fatto per trasformare il sistema democratico italiano in una sorta di premierato forte che ha come caratteristica principale quella di non essere frutto di nessuna aperta discussione parlamentare e di nessuna condivisione popolare.

Non ci si deve far confondere dalle polemiche che le forze d’opposizione e la minoranza antirenziana del Partito democratico muovono contro la riforma perseguita dal Presidente del Consiglio. Tutti hanno qualche motivo di contestazione particolare nei confronti di Renzi. Chi si lamenta per il Senato non più elettivo, chi contesta l’idea di un futuro Palazzo Madama pieno di consiglieri regionali e sindaci, chi protesta contro i nominati e le ridotte preferenze dell’Italicum, chi chiede il premio alle coalizioni e non alla lista e chi osserva che con lo stravolgimento del vecchio Senato e con la sostanziale riedizione della Legge Acerbo per la Camera al buon Renzi non rimarrà altro che dare vita ad Gran Consiglio del regime renzista per consolidare definitivamente il suo ruolo di padrone d’Italia.

Nessuno, però, si pone il problema che una riforma così profonda e radicale del sistema democratico nazionale non dovrebbe nascere da manovre sottobanco tra pezzi di maggioranza e trasformisti della vecchia opposizione ma, una volta battezzata per quello che effettivamente è, cioè un premierato senza controlli, andrebbe discussa con la massima partecipazione popolare prima di essere sottoposta a referendum. Che Renzi non abbia alcun interesse a far sapere che di premierato senza contrappesi si tratta, è un dato certo. Ancora più sicuro è che voglia arrivare alla riforma senza troppo clamore, per poi presentarsi al referendum come il campione delle riforme contro i nemici del progresso e dell’innovazione. Ma che la Costituzione venga cambiata all’insegna del trasformismo e tra le cortine fumogene è peggio di un colpo di Stato. È una vergognosa cazzata!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15