Wilders, Salvini e la destra imbavagliata

Samier Dandan, presidente della Lebanese Muslim Association, ente no-profit che promuove la fede islamica in Australia, ha chiesto formalmente al primo ministro, Malcolm Turnbull, di negare il visto d’ingresso a Geert Wilders, fondatore e leader, in Olanda, del movimento d’ispirazione di destra Pvv (Partito della libertà). Wilders aveva programmato il viaggio per propiziare, anche nella terra dei canguri, la nascita di un partito anti-islamico.

Potrà non piacere l’iniziativa ma, in democrazia, è così che funziona: ognuno ha il diritto di manifestare liberamente le proprie idee e chiunque può contrastarle purché lo faccia con mezzi pacifici. Invece per il signor Dandan, che si è fatto interprete di un sentimento diffuso tra i musulmani cosiddetti moderati, il modo migliore per rispondere alle tesi opinabili di Geert Wilders è quello di impedirgli di mettere piede sul suolo australiano. Dandan invoca per il suo Paese l’applicazione del “trattamento Salvini”. Per fortuna i governanti australiani non sono come quelli nigeriani che hanno sbattuto la porta in faccia al leader leghista. Il premier conservatore ha già fatto sapere che non accoglierà la richiesta di Dandan.

Resta però il problema, in tutta la sua gravità. Il leader musulmano si è prodotto in un ragionamento molto pericoloso. Ha giustificato la richiesta ponendo in rapporto di causa-effetto le idee di Wilders e la reazione terrorista. Come a dire: se volete che l’integralismo jihadista non dilaghi, facendo morti anche nelle nostre città, impedite a quelli che criticano l’Islam di fare proseliti. Un ignobile ricatto che meriterebbe di essere rispedito al mittente dalla bocca di un obice. Per le anime belle della sinistra, invece, i musulmani avrebbero ragione di lamentarsi. Gli utili idioti della “società aperta” sostengono che il processo d’integrazione con altre civiltà imponga rinunce e cedimenti unilaterali. Ma se questi sono i risultati, se il prezzo da pagare per un mondo senza frontiere dovesse essere il silenzio dello spirito, e della ragione, ne faremmo volentieri a meno. Le generazioni che ci hanno preceduto si sono combattute per secoli versando sangue fraterno affinché, un giorno, ciascuno di noi potesse riconoscersi uomo libero.

Ora, se la filosofia degli esponenti dell’islamismo non integralista, in materia di tolleranza religiosa, non riesce a discostarsi significativamente dai preconcetti dei fondamentalisti, vuol dire che abbiamo un serio problema di reciproca comprensione. La cultura occidentale ha consolidato i suoi presupposti sulla libertà di pensiero e d’espressione. Il diritto d’opinione non può essere conculcato dai dogmi di qualsiasi fede religiosa, pena la fine della civiltà. È questo che vogliono i seguaci dell’Islam? È il bavaglio che ci attende, quando con la forza dei numeri sempre più credenti in Allah assumeranno posizioni di comando nelle nostre società?

Sulla stampa nazionale, disgustosamente prona ai desiderata del “politicamente corretto”, si è parlato poco di questo incidente diplomatico, come d’altro canto non si è dato il giusto peso alla disavventura occorsa a Matteo Salvini, alla fine del mese scorso, a proposito del mancato viaggio in Nigeria. Anzi, s’è sprecata l’ironia; le marionette del multiculturalismo nostrano hanno fatto festa intonando “bella ciao” per salutare la decisione del governo nigeriano di bloccare la missione leghista. A questi consumatori abusivi di ossigeno, per usare un’espressione cara al mitico Vincenzo De Luca, desideriamo offrire un consiglio interessato: andateci piano a fare salti di gioia quando si tappa la bocca a qualcuno. Se proprio volete ammazzare qualcosa non prendetevela con la libertà di parola, ammazzate la noia leggendo un buon libro. Il “Campo dei Santi” di Jean Raspail, ad esempio, potrebbe fare al caso vostro. Vi svelerà il futuro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11