Israele: class action contro Facebook

Facebook ha delle ben strane sensibilità: posti un nudo o una scena erotica e sei bannato, metti un incitamento a sterminare gli ebrei, come fanno molte pagine che fanno riferimento ad organizzazioni arabe e palestinesi e non ti succede niente.

Per questo motivo, e per l’indifferenza finora dimostrata da Mark Zuckerberg verso il problema dell’incitamento all’odio religioso attraverso i social network, ben 20mila cittadini israeliani hanno promosso lo scorso 26 ottobre una class action davanti alla Corte suprema dello Stato di New York per imporre al più importante e gettonato dei social network a livello mondiale di rimuovere le pagine, i gruppi ed i profili che fanno dell’odio antisemita la pressoché unica ragione di essere.

Un’iniziativa che sui media italiani non ha avuto pressoché alcun risalto, anche se il sito “Progetto Dreyfus” curato dalla comunità ebraica romana ha subito dato la notizia in tempo reale. Nella memoria dei legali dei cittadini ebrei israeliani viene richiesta solo “l’immediata rimozione di tutte le pagine, gruppi e singoli post che contengono incitamenti all’omicidio degli ebrei; un monitoraggio attivo per evitare che tali incitamenti raggiungano i terroristi e tutti quelli pronti a diventarlo; smetterla di agire come matchmaker fra terroristi, organizzazioni terroristiche e chi incita a commettere attentati”. Mentre nessun risarcimento monetario è stato richiesto nei confronti del social di Palo Alto. Cosa che rischia di mettere in imbarazzo ancora maggiore il padrone e fondatore di Facebook. Per la cronaca, a condurre la class action è Richard Lakin, un uomo di 76 anni che venne ferito gravemente da un terrorista palestinese armato di pistola e coltello mentre era su un bus a Gerusalemme il 13 ottobre scorso. Nello stesso attentato, altre 20 persone sono rimaste ferite e due sono morte. Tra gli avvocati che si occuperanno della class action anche Nitsana Darshan-Leitner, direttrice di “Shurat Hadin”, la quale ha dichiarato ai giornalisti americani che “Facebook esercita un potere enorme, dovrebbe garantire che gli estremisti palestinesi che invocano l’uccisione di israeliani o che glorificano i terroristi non siano autorizzati a farlo sulla loro piattaforma”.

Da parte sua, la Associated Press scrive che Twitter e Facebook sono la maggiore fonte di informazione fra i giovani palestinesi. Ad esempio, “Quds News Network”, una pagina collegata alla Jihad Islamica, raccoglie circa 3 milioni e mezzo di seguaci.“Shehab News Network”, che fa invece riferimento ad Hamas, vanta un pubblico maggiore: ben 4 milioni di persone. Le suddette due pagine Facebook, insieme ad “Urgent From Gaza”, nei giorni scorsi hanno inondato il web di propaganda antisemita. Postando anche tantissime immagini di palestinesi morti, nonché vignette che incitano alla violenza. Spesso le immagini erano accompagnate dall’hashtag #stab (accoltella) o #al- aqsaisindanger. Come a significare che Al Aqsa, la moschea, è in pericolo. Per colpa degli odiati ebrei israeliani.

Si attende adesso la risposta di Zuckerberg, di origine ebraica anche lui. Non gli si chiedono soldi, ma concrete opere di bene per prevenire questa campagna di istigazione all’odio che già tanti morti è costata alla cittadinanza israeliana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15