Sinistra italiana, vecchia dottrina

La sinistra del Pd ha abbandonato il partito, lasciandovi dentro la testa. Bersani e i suoi fedelissimi sono rimasti infatti a combattere dall’interno. Contro Renzi stanno diventando più agguerrite le opposizioni consanguinee che l’opposizione parlamentare: Grillo, Salvini e la caudataria Meloni, che, detto tra parentesi, è finita tra le braccia dei secessionisti padani richiamandosi all’inno nazionale e all’Unità d’Italia!

Questa sinistra scissionista ha preso il nome “Sinistra Italiana”, nome nuovo per una pseudo novità. Qual è il programma politico della neonata Sinistra? Sempre lo stesso e lo stesso di sempre: più tasse, più spesa, più debiti, in nome dell’uguaglianza e della giustizia sociale. La causa scatenante della scissione è stata, all’apparenza, la legge di stabilità che toglie l’imposta patrimoniale sulla prima casa “anche ai ricchi” e autorizza l’uso del contante fino a 3mila euro, anche ai ricchi. Ovviamente, la legge è una scusa. Ma non perché la Sinistra non avversi tali misure, ma perché con Renzi ha capito di contare più nulla o quasi nel partito.

Conterà ancor meno fuori, a veder Renzi leccarsi i baffi. Ma la Sinistra è convinta di no. Nell’assemblea fondativa gli oratori hanno tuonato contro il liberismo selvaggio che, a sentir loro, strangola l’Italia e azzoppa l’Europa. La storiella che in Italia imperversa una libertà economica come belva nella giungla affascina i cascami del socialismo, i quali hanno bisogno di un fantoccio polemico contro cui sfogare l’ostilità preconcetta contro tutto ciò che appare ai loro occhi, sebbene vagamente, il dominio dell’economia di concorrenza, che stritolerebbe i deboli, i poveri, gli ultimi, mentre frenerebbe la crescita assicurata, a loro giudizio, soltanto dalla programmazione.

Non solo hanno in odio il modo liberale di produzione della ricchezza, ma aborrono come la peste il pareggio di bilancio. La disciplina finanziaria, che per i veri liberali è fatta soprattutto di disciplina morale, come insegnano i padri italiani e stranieri del liberalismo, questi sinistri politici la considerano una pastoia che frena lo sviluppo, perché coltivano come un ideale l’indebitarsi e lo spendere soldi presi a prestito. Favoleggiano di un pareggio del bilancio che stringe al collo la nazione. Invece essa è strangolata dai debiti che una classe politica, di destra, centro, sinistra, intrisa di consimili idee ha accumulato negli anni e posto sulla gobba anche di chi non vi ha contribuito.

I padri, padrini, padri spirituali di questa sinistra davano dell’anticomunista viscerale a chi avversava il collettivismo. Gli epigoni danno del selvaggio a chi continua a credere nella libertà che li ha definitivamente sconfitti. Ma non si rassegnano. Hanno bisogno di sentirsi il faro che illumina, mentre son morti che camminano. La loro ambizione è la stessa del passato: guidare l’economia, che, senza la loro guida, va immancabilmente male, se non addirittura verso il disastro. Dopo il fallimento di Marx, il loro idolo è Keynes, del quale il grande Hayek disse più o meno: “Lui scrive un libro con una teoria; io scrivo un libro che la confuta; lui non scrive un libro per confutare la confutazione, ma cambia teoria”. Si parva licet... è quello che continua a capitare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10