La cronaca di un ritorno annunciato

Non v’è gloria alcuna nel dire: “l’avevamo detto”. Eppure mesi orsono da queste pagine avevamo pronosticato il ritorno di Antonio Bassolino. Veggenti? Scrutatori di palle di vetro? Macché. Solo una maniacale attenzione per la matematica politica dove 2-più-2 finisce sempre per fare 4. Parliamoci chiaro: Bassolino non si candida a farsi rieleggere sindaco, don Antonio si prepara a riprendersi la città che in fondo è sempre stata cosa sua. Bassolino torna perché è ancora in grado di dare risposta a una domanda di potere che dopo gli anni della sua momentanea eclissi è rimasta inevasa.

Il vecchio compagno del Partito Comunista Italiano che fu, ha scalato il consenso conquistando quell’ampia fetta di borghesia cittadina che è rimasta, nel Dna, pigramente parassitaria e cortigiana. Come ai tempi dei “todos caballeros” di Carlo V. Ed è proprio questa borghesia pre-borbonica, che ama vivere nella luce riflessa dal sovrano, l’asso nella manica che don Antonio si prepara a giocare. Nulla d’improvvisato, dunque. Al contrario, un ritorno costruito con pazienza e astuzia. La pazienza gli è servita per attendere la conclusione dei procedimenti giudiziari aperti a suo carico che avrebbero potuto essere una pietra d’inciampo sulla strada del ritorno in scena. Astuzia, tanta, l’ha profusa lasciando che la protesta popolare più intransigente si canalizzasse nei vicoli ciechi di un antagonismo incapace di darsi prospettiva di governo.

Cosa potrebbe accadere in primavera? Il voto degli arrabbiati sarà conteso tra grillini e fan del “Masaniello” De Magistris, non essendo il centrodestra in grado, per propria congenita insipienza, di rappresentare alcuna alternativa credibile. È quanto basta per spianare la strada del ballottaggio a don Antonio. A quel punto sarà una passeggiata riprendersi le chiavi di palazzo San Giacomo. Si presenterà alla sfida diretta con il sopravvissuto dello scontro M5S-De Magistris come unico leader in grado di ricomporre il tessuto unitario di una città altrimenti dilaniata dal conflitto sociale. E saranno in molti, amici e nemici, a tirare un sospiro di sollievo. Perché, dopo anni di collaudate frequentazioni tutti i capi e capetti locali sanno bene che Bassolino non esclude, ma include. Con lui, bene o male, si sopravvive. Allora meglio lui, che sa essere generoso anche con gli avversari, che sottostare ai progetti di fanatici giacobini. In questo bel presepe che attende la nuova epifania bassoliniana, chi fa una figura barbina è il Partito Democratico il quale, ancora una volta, dimostra di essere una finzione. Il duo di segreteria Serracchiani-Guerini, atterrito dalla ricomparsa di don Antonio, sta cercando d’inventarsi la qualunque per sbarrargli il passo, anche improvvisando nuove regole per le primarie. Lui, don Antonio, osserva e non si scompone. Come dire: sono giovani, lasciamoli giocare un po’. Poi… Poi, arriva Matteo Renzi, a congelare la discussione sulle candidature fino al nuovo anno.

Nel frattempo don Antonio continua il suo tour tra carezze ai pargoli assiepati ad attenderlo nei circoli di periferia e cene intime nei salotti della Napoli che conta. Bassolino è partito come un caterpillar e non saranno le belle statuine del Nazareno a fermarlo. Tuttavia, la sua anima terragna lo fa essere diffidente verso gli amici più di quanto lo sia con i nemici. Allora, se per un improvviso accidente dovesse essere costretto a ritirarsi dalla corsa, ha già in tasca un “piano B”. È ancora matematica: cambiati gli addendi il risultato non cambia. Se dovesse lui fare un passo indietro, è pronta la candidatura di una devotissima seguace. In giro si sussurra il nome dell’energica signora imparentata con una storica schiatta di pizzaioli napoletani, che è stata assessore nelle giunte comunali guidate da don Antonio e che ama tanto l’educazione dei bambini da averne fatto un mestiere di successo. Staremo a vedere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14