Il terrorismo e la Chiesa peronista

Colpisce che, nel commentare la strage di San Bernardino in California, l’unico giornale italiano ad escludere una qualsiasi matrice di terrorismo islamico nella vicenda sia stato il quotidiano della Cei “L’Avvenire”. Non importa se nella casa e nell’auto degli esecutori del massacro sia stata trovata una vera Santa Barbara di bombe fabbricate seguendo le istruzioni del terrorismo di matrice islamica. Il quotidiano dei vescovi italiani ha scelto di escludere ogni possibile accenno alla eventualità che in California si sia ripetuto quanto avvenuto recentemente a Parigi ed ha puntato sulla teoria politicamente corretta dell’atto di follia individuale favorito dalla libera vendita delle armi che tanto inquieta il presidente Barack Obama.

Un caso? Nient’affatto. Semmai, anche alla luce del dibattito in atto nel nostro Paese sui simboli del Natale e della cristianità in cui i più decisi a chiedere il passo indietro identitario per non offendere i sentimenti dei musulmani sono proprio alcuni vescovi, una linea fin troppo decisa e precisa. Quella di evitare qualsiasi posizione e qualsiasi pretesto capaci di far pensare che la Chiesa di Roma giudichi il terrorismo di matrice islamica il frutto di una guerra di religione e di civiltà.

Questa linea può essere dettata dalla preoccupazione contingente di scongiurare atti terroristici in occasione del prossimo Giubileo. Ma, più sicuramente, è provocata da una scelta ideologica di Papa Francesco che, proprio durante il recente viaggio in Africa, ha definito il terrorismo figlio della povertà e della disperazione provocato dal capitalismo materialista piuttosto che la conseguenza malata di una interpretazione estremista di una religione come quella musulmana.

Questa scelta suscita resistenze nella parte più tradizionalista del mondo cattolico, che teme il rischio di una trasformazione della Chiesa in una sorta di Ong internazionale in cui al posto di San Paolo venga messo Che Guevara. Ma crea preoccupazioni anche a quella parte del mondo laico che considera la Chiesa di Roma un fenomeno storico e culturale, quello che faceva dire a Benedetto Croce “non possiamo non dirci cristiani”. E che vede nella rinuncia della propria identità religiosa, radice della identità storica e culturale dell’Occidente, in nome di un anticapitalismo di stampo peronista, un atto di inquietante resa a quel terrorismo islamico che usa la propria religione come strumento di conquista militare e politica. Il paradosso, in sostanza, è che a difendere i valori religiosi del cristianesimo non siano quelli che della fede ne hanno fatto una professione, ma quei laici che sono privi del dono della fede ma non hanno alcuna intenzione di vedere cancellata dal terrorismo islamico una parte determinante della loro identità.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16