La grande lezione  di Abdellah Redouane

Il Corriere della Sera del 10 dicembre riporta il colloquio tra Goffredo Buccini e Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico di Roma, dove la più grande, e bella, moschea d’Europa alza il suo minareto non lontano dalla cupola di San Pietro, il cuore della Cristianità.

Ecco la prima lezione. Tutti gli italiani che sfoggiano, specie in queste ore, truci propositi contro i luoghi di culto islamici dovrebbero prendere atto che una moschea aiuta ad integrare anziché ghettizzare i musulmani. Questi italiani non possono pretendere di essere più cattolici del Papa. E dunque la loro opposizione alle nuove moschee ha radici diverse dalla difesa della cultura e delle tradizioni dell’Italia. Inoltre, la nostra Costituzione vieta discriminazioni basate sulla religione, sicché un italiano di fede maomettana è, di diritto, uguale a un italiano di fede cattolica, protestante, ebraica, eccetera.

Per ragioni storiche ben note, i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi, le cui modificazioni accettate dalle due parti non richiedono la revisione costituzionale. Tutte le altre confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge e hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I suddetti italiani ricavano dalla mancanza di uno “statuto” dell’islamismo la conseguenza dell’esclusione degli islamici dalla protezione costituzionale dei luoghi di culto.

Insomma i musulmani non avrebbero lo stesso diritto degli altri fedeli di costruire i loro templi. È indubbio, tuttavia, che, in talune sedicenti moschee, sedicenti imam predicano il terrore e la guerra in nome di Allah e talvolta si fanno conniventi dei loro correligionari che praticano l’uno e l’altra. Ma, quando i nostri terroristi educati nel cattolicesimo uccisero in nome del comunismo, del fascismo, del nazismo, del maoismo, non venne in mente a nessuno d’imputarne la responsabilità alle chiese e d’invocarne la chiusura. Una pseudo moschea riesce ad incubare delinquenti pseudo religiosi, mentre una moschea con tutti i crismi non può farlo o non riesce a farlo con la stessa facilità. La violenza individuale o il terrorismo, che ne è l’ennesima potenza in forma collettiva, non sono mai problemi di libertà religiosa, bensì di repressione del crimine. Uccidere in nome di Dio è un’inescusabile aggravante, non un’attenuante. E, come recita un mio aforisma, chi tollera l’intollerante fa la fine che si merita. Lo Stato poi, che sta lì per quello, non può proprio lasciarla passare liscia ai violenti. Dunque la religione non è né un motivo né un pretesto per sospendere o affievolire la repressione dello Stato.

Analogo argomento vale per la questione dei simboli religiosi o presunti tali. In particolare il niqab e il burqa, dei quali si discute la liceità, ma in modo sbagliato, perché anche qui è questione di legge, non di religione. Quando l’articolo 8 della Costituzione, che ognuno deve rispettare, stabilisce che “tutte le religioni sono ugualmente libere davanti alla legge”, non intende affatto affermare che i fedeli siano liberi di professare il loro credo nel modo che loro aggrada. Infatti la religiosità, per essere costituzionalmente lecita, deve manifestarsi in modi e forme differenti a seconda che si esprima in privato, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici. Pertanto il niqab e il burqa esibiti nei luoghi pubblici, nascondendo la persona senza specifiche esigenze funzionali, contravvengono non solo ad espresse leggi, non arbitrarie, promulgate a tutela della pubblica sicurezza, compresa la sicurezza di chi pretende di indossarli, ma anche e soprattutto ai principi costituzionali che regolano la convivenza civile. Il mascheramento ed il travisamento sono ammessi per eccezione e in circostanze straordinarie. Nessun cattolico ha diritto d’indossare al lavoro un saio penitenziale né un naturista di girare nudo per la città. Ognuno ha diritto di fondare e praticare il deretanismo, purché stia in casa a sedere scoperto. Ogni donna musulmana ha il diritto di coprirsi, come prescrive il Corano, i capelli e il collo, non d’infilare il capo in un sacco e circolare in società. Questa stravaganza le è vietata dalla Costituzione, che concede il rispetto di sé ma impone il rispetto per gli altri e la società in cui si vive.

È la conclusione a cui giunge, dando una lezione di civiltà ai supponenti d’ogni religione, anche Abdellah Redouane: “Noi dobbiamo agire adesso, se no sarà tardi. La religione dà a una persona il senso della vita. Ma per vivere insieme, con l’evoluzione sociale, economica, politica, abbiamo fatto le leggi. La cosa più importante da insegnare è il rispetto della legge”. Quanta sapienza antica e classica in queste parole! Potessero farne tesoro il frivolo Renzi, il suo confuso Governo, i parlamentari di maggioranza e di opposizione, che si combattono con le clave dell’ignoranza e del pregiudizio sconoscendo la soluzione fornita dalla libertà dei liberali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10