Il potere corrompe chi ce l’ha

Il potere logora chi non ce l’ha, diceva sornionamente Giulio Andreotti. Ma, a trent’anni di distanza dal momento in cui il defunto leader democristiano pronunciò la famosa frase, si può tranquillamente aggiungere che corrompe chi ce l’ha. La conclusione di questa banale osservazione, cioè che più si ha potere più si è esposti al rischio di corruzione, è che l’eredità maggiore lasciata da Enrico Berlinguer al suo partito ed alle formazioni politiche che da esso sono nate è stata clamorosamente cancellata dai fatti. La diversità morale della sinistra non c’è. Si può e si deve discutere se ci fosse all’epoca in cui Berlinguer la teorizzò, per marcare una distanza incolmabile tra il Pci ed il cosiddetto regime democristiano. Ma di certo non esiste oggi dopo che gli eredi della razza antropologicamente diversa secondo le indicazioni dell’allora segretario comunista hanno messo stabilmente piede nella stanza dei bottoni ed a premere i tasti del potere ci hanno fatto l’abitudine e preso gusto.

La scoperta che la diversità della sinistra non esiste e che la questione morale non può riguardare solo chi non fa parte dell’aristocrazia virtuosa dei figli e dei nipoti diretti ed indiretti di Berlinguer non significa, però, che la questione immorale riguardi il solo Partito Democratico e non tocchi in alcun modo quella parte politica formata dal Movimento Cinque Stelle che aspira al potere ma che fino ad ora non lo ha mai potuto gestire.

Il problema riguarda l’intera società italiana che soffre di un tasso di corruzione e malaffare superiore alla quota fisiologica normale in ogni Paese avanzato e che, se non capisce da dove dipenda questo virus, non riuscirà mai a far rientrare gli eccessi nell’alveo delle debolezze umane.

I puri che oggi epurano in attesa di trovare altri più puri decisi ad epurare i meno puri cavalcano ottusamente la tigre demagogica dell’aumento della repressione giudiziaria. Sanno benissimo che manette e carcere non possono stroncare i fenomeni degenerativi in atto, ma insistono sull’uso dello strumento penale solo perché colpisce la parte più ingenua dell’opinione pubblica e rende in termini di consenso elettorale. Contro questa pressione non c’è altra arma che ribadire la totale inutilità di una repressione giudiziaria sempre più ossessiva e promuovere campagne dirette ad aprire gli occhi degli italiani sulla necessità di colpire l’infezione nella sua fonte principale, cioè l’apparato elefantiaco dello Stato onnipresente.

Basterebbe ridurre drasticamente i centri di spesa nelle amministrazioni locali e sottoporli a controlli di autorità superiori per riportare nella quota fisiologica il malaffare. Ma questa riforma, come quella che dovrebbe portare alla riduzione ed all’accorpamento delle Regioni, non produce nell’immediato consensi elettorali. E nessuno osa proporla. Così la questione immorale dilaga con grande soddisfazione di chi la cavalca per conquistare quel potere che finalmente gli consentirà di farsi corrompere!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:05