Se l’Islam è il nemico

Oggi piangiamo i cinquanta giovani innocenti della discoteca “Pulse” di Orlando, Florida, caduti sotto i colpi vigliacchi di Omar Mateen, un terrorista islamico. La loro unica colpa è stata di frequentare un locale gay. Eppure, di fronte a questo scempio d’umanità, l’intellighenzia multiculturalista non ha trovato di meglio che cercare giustificazioni per negare l’innegabile. Omofobo, disturbato mentale, complessato, palestrato imbottito di anabolizzanti, hanno detto di tutto del killer tranne l’unica cosa certa: è un terrorista islamico. Ma perché fa tanta paura ammettere la verità?

La questione non riguarda solo il pollaio nostrano. A questo insano giustificazionismo si è appeso anche Barack Obama, il peggiore presidente che gli Usa abbiano mai avuto, che se l’è presa con il commercio incontrollato delle armi nel suo paese. Come se il capo di un ospedale attribuisse la responsabilità di una mattanza provocata da un chirurgo assassino ai troppi bisturi stipati nelle sale operatorie. Tutto per non pronunciare la fatidica parola: Islam. A ruota, in un assordante silenzio, si sono accodati i leader europei. Tra questi anche il nostro presidente del Consiglio. Tutti i “grandi” dell’Occidente sono stati colpiti da improvvisa balbuzie. Costoro, che hanno fatto vanto di praticare la politica delle braccia aperte e delle braghe calate alla penetrazione dei danari islamici nei mercati e negli affari del nostro mondo, trovano ora non poche difficoltà a dire cose che potrebbero risultare sgradite ai loro facoltosi interlocutori. Come la questione dell’omosessualità. L’Islam la condanna, a tutte le sue latitudini. Sull’argomento la pretestuosa divisione degli islamici in moderati e radicali, che tanto piace alle élite occidentali, non regge. La differenza al più sta nella gradazione delle sanzioni comminate ai trasgressori. Se in Iran gli omosessuali rischiano la pena di morte e nei territori occupati dagli scarafaggi dell’Is il martirio tra indicibili sofferenze, nel più moderno Marocco gli omosessuali se la cavano con la reclusione da sei mesi a tre anni, con l’aggiunta di una pena pecuniaria accessoria. Comunque la si giri sempre di delitto e castigo si tratta. Le élite occidentali hanno colpevolmente praticato la politica dello struzzo ignorando il problema pur di fare affari miliardari in Medioriente, in Asia e in Africa.

Oggi che la strage di Orlando è all’ordine del giorno i benpensanti a corto di argomenti optano per il silenzio contando sulla regola aurea dell’informazione: meno se ne parla, prima la notizia viene dimenticata. Ma a squarciare il velo d’imperante ipocrisia ci ha pensato Seddique Mir Mateen, padre del terrorista assassino. Lui afghano, trapiantato negli States, sostenitore dei talebani, ha sì deplorato il gesto infame commesso dal figlio ma ha anche detto che “a punire gli omosessuali deve essere Dio, non gli uomini”. Ecco di chi parliamo, chi ci mettiamo in casa offrendogli una migliore prospettiva di vita. Ed è così che siamo ripagati. Con l’intolleranza intransigente e la furia omicida. Nessuna disponibilità al dialogo, all’integrazione, all’accettazione di un modello di vita condiviso.

In Occidente la libertà dell’individuo di vivere secondo la sua natura è la pietra angolare della costruzione comunitaria. Da noi niente discriminazioni determinate dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche, dalle condizioni personali e sociali: è scritto a caratteri cubitali nella Costituzione. Eppure, sono in tanti tra gli ospiti della nostra civiltà a pretendere di cambiarci, con le buone o con le cattive. Come è successo l’altro giorno a Orlando. Ma questo non accadrà, almeno fin quando ci sarà qualcuno che abbia il coraggio di dire a brutto muso a tutti i mangiapane a tradimento che circolano per le nostre contrade: questa è la nostra terra, se non vi sta bene come siamo, quella è la porta e nessuno vi trattiene.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 19:33