Salvini e Parisi: chi è  la minestra riscaldata?

Chiamare minestra riscaldata uno come Stefano Parisi e, per soprammercato, gli inediti alleati come Maurizio Lupi e Corrado Passera è la chiave di volta di una neoparabola salviniana, una delle tante che gli corrono per la testa quando la Lega non ottiene i successi sperati. Invece di accontentarsi, tra l’altro, dell’effettiva ripresa che il suo movimento, portato ai minimi termini dal bossismo decadente, ha da lui stesso guadagnato, ecco che Matteo Salvini prende di mira uno dei pochissimi, forse l’unico, leader emerso nel centrodestra, da anni a questa parte, cioè Parisi; il quale ha perso per un pugno di voti la gara con Beppe Sala ma ha vinto l’altra gara, quella di chi fa politica vera e non di plastica all’interno di un’alleanza con a capo Silvio Berlusconi il federatore, oggettivamente in serie difficoltà da qualche anno.

La parabola che va per la maggiore fra i salviniani, che speriamo sia al più presto archiviata come “errore di stampa”, è che la formula moderata impressa all’alleanza con Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Lupi e Passera da Stefano Parisi a Milano abbandonando i toni e i temi tonitruanti del leghismo da talk show, appartiene non soltanto al passato (quale?) ma, soprattutto, non paga, non dà risultati, cioè non vince, perché si tratta di una minestra riscaldata giacché il “dentro tutti non paga, la formula moderata è sbagliata e le minestre riscaldate la gente non le mangia. Se le novità di centrodestra sono Angelino Alfano e Clemente Mastella (si è dimenticato di Passera, ndr) io non ci sto” così Salvini. La parabola della minestra riscaldata era inoltre arricchita da pungiglioni ficcati nei glutei di Lupi e Gabriele Albertini, rappresentanti di Milano Popolare nell’alleanza, perché: “facevano a gara a prendere le distanze dalla Lega come fossimo appestati”. Tiè! La sintesi del ragionamento di Salvini non può che riguardare l’avvenire di Stefano Parisi: nientepopodimeno che capo dell’opposizione nel Consiglio Comunale di Milano. Com’è umano Salvini...

Questa riduzione ai minimi termini politici dell’unico leader credibile espresso da un centrodestra milanese altrove in gravi difficoltà, la dice lunga sul grado di crisi all’interno dell’ex Casa delle Libertà, una crisi di rapporti personali ma, soprattutto, una crisi politica. Dove non c’entrano o c’entrano poco i Lupi, gli Albertini e i Passera del tutto esterni, se non addirittura al governo con Matteo Renzi, al duo Lega- FI, ma contano soprattutto i propositi salviniani tesi alla realizzazione di una leadership sul tipo di quella poi bocciata dal Cavaliere a Roma, che veda primeggiare una leadership leghista movimentista, rumorosa, radicale, e se del caso alleata con i pentastellati, e con Forza Italia, se vuole, al traino, e vinca il migliore, cioè Salvini.

Ora, un ragionamento del genere non soltanto è stato smentito proprio dal brillante risultato milanese di Parisi, uno sconosciuto fino a sessanta giorni fa, ma fa letteralmente a pugni con ogni prospettiva di governo seria e credibile per un centrodestra che in questi ultimi anni solo due personaggi erano riusciti a tenere insieme, a federare: Berlusconi e Parisi. Una federazione nel solco di una moderazione che non significa affatto rinuncia o resa o inciuci, ma vuole indicare uno stile, un’eleganza, un modo di essere e di fare politica in grado di includere, di acquisire, di cooptare, di sedurre; cioè di conquistare i voti di tutti e di governare.

Del resto, la stessa stilistica rabbiosa salviniana, la sua impostazione urlata e virulenta nella lotta al Governo, a Elsa Fornero, a Denis Verdini - arrivata al punto di far votare per i sindaci grillini pur di battere Renzi, il che ricorda un’altra parabola, quella del marito che si evira per le corna infertegli dalla moglie - non è affatto funzionale alla governabilità, ed è quasi ovunque scavalcata dal grillismo di lotta e di governo, il cui populismo antipolitico è la pericolosa onda lunga destinata ad assorbire altri populismi per dir così minori, soprattutto quando si illudono di potervi competere sul loro stesso livello rischiando di fare il loro gioco e di finirne assorbiti. Vada invece avanti Stefano Parisi con la sua politica avviata a Milano. È la strada maestra, ancorché non sempre in discesa, per mantenere una posizione di credibilità nel nuovissimo sistema tripolare emerso dalle elezioni. Non è consentibile, per errori di orgoglio o scivolate ambiziose, che l’imminente scontro sia solo a due per via dell’inconsistenza politica e strategica del terzo. A meno che il disegno nascosto di qualcuno sia la vittoria di Beppe Grillo. Chissà...

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:00