Se l’Is adotta il “modello Nizza”

Calata la tensione sulla notte di Nizza, è sceso in campo il meglio dell’armata buonista per piazzare toppe sulle falle allo scafo della corazzata multiculturalista. Ma sono pezze a colori. I “politicamente corretti” si ostinano a non riconoscere la sconfitta dei loro bizzarri teoremi sulla pace unilaterale con l’islamismo. Dal negazionismo più becero (i terroristi sono fanatici che non c’entrano con l’Islam) agli impacciati tentativi di spaccare il capello in quattro con la storiella della separazione del mondo musulmano moderato dal suo alter ego radicale. Teorie lunari che viaggiano nell’etere e attraverso le rotative dei “giornaloni”.

Ora, che i devoti dell’accoglienza chiudano gli occhi anche di fronte all’evidenza è normale. È perfino comprensibile che avendo costruito la propria ragion d’essere su ideologie e paradigmi sociali di un certo tipo non possano rimangiarsi tutto d’un sol colpo. Tuttavia, domandiamoci per quanto ancora i comuni cittadini potranno bersi le farneticanti teorie sull’ineluttabilità del meticciato universale e sull’annullamento delle identità culturali obbligato dal divenire della Storia. La gente semplice ha occhi per vedere e orecchi per udire. E ciò che vede e sente in questi giorni non gli piace per niente. Come dare torto ai tanti che oggi in Italia e nel resto d’Europa, prima di prendere parte a un evento pubblico, fosse anche la sagra della salsiccia, si porranno il dubbio di poter restare triturati sotto le ruote di un camion terrorista? Già, perché la novità più sconvolgente che la strage di Nizza ci restituisce sono le nuove tecniche di “sottoproletarizzazione” delle aggressioni al nemico occidentale che le leadership jihadiste hanno escogitato.

Sono passati i tempi dei lunghi processi di affinamento di profili di attentatori selezionati nelle madrase e nelle scuole d’indottrinamento dell’Islam radicale. Non è più il momento dei piani in stile “Torri gemelle”. Troppo complicati e costosi. Ciò che i capi dell’Is, ma non soltanto loro, hanno scoperto è che si può terrorizzare l’Occidente investendo sui disperati. La ricetta è semplice: agganciare un soggetto sbandato, privo di qualsiasi prospettiva di vita onesta e dignitosa, fargli balenare la possibilità di scambiare la propria esistenza fallimentare con una meravigliosa eternità da vincitore e, a corollario, di ricevere una sostanziosa prebenda in denaro da destinare al sostentamento di familiari e congiunti. Ecco creato dal nulla il più motivato dei kamikaze. Non è forse andata così con il tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel? Fa niente che il soggetto non avesse la stoffa del credente. Bevitore, ladro, violento, assenteista cronico dalla moschea. Con il gesto suicida che fa strage di infedeli tutto è risanato: Allah perdona il peccatore e premia il martire. È una tecnica vecchia come il mondo: far leva sull’aldilà per piegare le menti nell’aldiquà. Proprio i cattolici dovrebbero saperlo meglio degli altri. La Chiesa di Roma ha edificato le sue fortune sulla vendita delle indulgenze. Sul traffico dei passaporti per il paradiso si è consumata la frattura luterana. E cosa prevedeva l’indulgenza se non la promessa del perdono per i peccati commessi in terra e l’accesso al regno dei cieli in cambio di un’opera meritoria da donare alla Chiesa?

L’integralismo islamico usa oggi la medesima tecnica che la nostra civiltà ha conosciuto e abbandonato secoli orsono. La storia delle 72 vergini pronte a sollazzare il martire in paradiso, male ha colto chi ci abbia scherzato su mettendola in caricatura. La questione è seria e non fa ridere. Il “modello Nizza” è stato un esperimento tragicamente riuscito. Aspettiamoci adesso che venga messo a regime e replicato in altri posti in Europa. Compreso casa nostra. A quel punto non basteranno le cure palliative spacciate dai buonisti per porvi rimedio. Occorrerà il bisturi. E se neppure questo dovesse bastare: l’accetta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:03