Alfano e il futuro   di Alternativa Popolare

Il “ci verranno a cercare”, pronunciato da Angelino Alfano in occasione della trasformazione del Nuovo Centrodestra in Alternativa Popolare, segna la rinuncia del ministro degli Esteri e leader centrista della speranza di cambiare la legge elettorale inserendo il premio alla coalizione e la presa d’atto che si andrà a votare con il proporzionale. Alfano, infatti, non ha ipotizzato alcuna alleanza prima delle elezioni per dare vita a una coalizione in grado di conquistare l’eventuale premio di maggioranza e governare il Paese. Teme di perdere voti annunciando oggi di aver già scelto il Partito Democratico. Ma ha dato per scontato che il problema delle alleanze di governo si porrà solo dopo il risultato elettorale e che qualunque tipo di alleanza governativa si potrà costruire al suo interno non potrà in alcun modo mancare il suo nuovo partito centrista. Quella di Alfano non è una logica inedita, ma è la riproposizione esatta della logica usata dalla corrente dorotea della Democrazia Cristiana all’epoca della Prima Repubblica fondata sul sistema proporzionale. I dorotei si ponevano come il centro del centro, ben consapevoli che con la Dc asse portante di qualsiasi governo il gruppo posto al centro dello scudo crociato si sarebbe obbligatoriamente piazzato al centro del governo.

Alfano, quindi, propone Alternativa Popolare come l’elemento indispensabile e centrale di qualsiasi coalizione governativa. In un quadro politico, però, che è completamente diverso da quello della Prima Repubblica fondata sulla centralità della Dc. Lo scudo crociato non c’è più e l’area centrista un tempo occupata dalla Dc è ora segnata da un frazionamento di forze in concorrenza tra di loro in cui nessuna sembra avere i numeri necessari a diventare il motore portante di un governo e molti non sembrano neppure avere i numeri necessari per superare gli sbarramenti del 3 per cento alla Camera e dell’8 per cento al Senato per entrare in Parlamento.

Alternativa Popolare non rientra sicuramente tra quelle forze in grado di trasformarsi in motore portante governativo. Ma rischia altrettanto sicuramente di rientrare tra quelle che potrebbero non avere i voti necessari per conquistare la rappresentanza parlamentare. Per conquistare la ragionevole certezza di superare il 3 a Montecitorio e l’8 a Palazzo Madama dovrebbero unire le forze con le tante componenti della galassia centrista, dai verdiniani agli ex montiani e via di seguito. Impresa resa al momento impossibile dalla competizione dei capi di ciascuna di queste componenti per la leadership dell’intera area.

Ne deriva che per farsi cercare dopo le elezioni Alfano ha bisogno di introdurre nella legge elettorale non il premio alla coalizione vincente, che gli imporrebbe una scelta di campo tra Pd e Forza Italia destinata a frantumare il suo neonato partito, ma un abbassamento sostanziale delle quote di sbarramento. Senza questo abbassamento non lo cercherà nessuno!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:57