Show della giustizia e docufilm

Dacci oggi il nostro pasto quotidiano (della giustizia), Pm invadenti (la politica) e con porte girevoli fra toghe e politica, forze dell’ordine (o del disordine) nelle indagini, intercettazioni da far scivolare ai giornali e, va da sé, tribunali con relative condanne. Ed eccoci serviti, per esempio dalla sentenza sovietica contro l’ottimo Filippo Facci (che se non fosse vero bisognerebbe inventarlo, almeno per tenerci su con questa calura) che, secondo la sentenza dell’Ordine dei giornalisti, dovrebbe stare zitto e buono per due mesi perché ha detto cose cattive, anzi cattivissime contro L’Islam.

Inutile chiederci dove siano andati a finire i leggendari principi, o che fine abbia fatto la libertà d’opinione, ed è perso ammantarci della libertà di stampa. Se un Ordine confonde il principio con il merito può capitare che le sue sentenze siano assai simili a quelle emesse dai tribunali sovietici ai tempi del baffuto Stalin e del povero Solženicyn. L’unico rischio che oggi Filippo non corre è di finire in Siberia a scudisciate di knut. E meno male che non si è ritirato in preghiera mistica a Fatima. Avrebbe corso il rischio di trovarsi in compagnia di quel Ferrante, coinvolto nella strage di Brescia di qualche secolo fa, e l’avrebbero sospettato di una qualche intelligenza con la trattativa Stato-mafia (dove però il garante, secondo l’organo dei giustizialisti in servizio permanente effettivo, è Giorgio Napolitano). E c’è la Consip.

Avrete tutti sentito il grido di dolore di Matteo Renzi mentre furoreggiava in Senato lo spettacolo della vicenda Consip con tutti gli annessi e connessi di giochi proibiti di magistrati, indagatori, depistaggi, taroccamenti e indagazioni.

“Continua lo show in Parlamento - commentava amaramente il segretario del Partito Democratico - sulla Consip (cioè sul “suo” Luca Lotti e pure il padre Tiziano, ndr). Non vi fa accapponare la pelle che siano stati presi di mira rappresentanti delle istituzioni grazie a prove false, intercettazioni secretate ma diffuse e pure taroccate, e altri giochini proibiti?”. Più che un reality show, la vicenda suddetta aizzata dagli scissionisti del Pd può considerarsi non solo un docufilm, una fiction a sfondo legale, ma un rovesciamento laterale e contenutistico di “Nuovo cinema paradiso”, laddove al Cielo si sostituisce l’Inferno. Lo diciamo per scaramantica semplificazione di un soggetto dove c’è di tutto, dalla spazzatura alla lettera scarlatta, una T individuata, dalla carte sbrindellate rimesse in ordine come un puzzle al rovesciamento di ruolo fra guardie e ladri e, dulcis in fundo, una telefonata privata fra Renzi padre e Renzi figlio, privata ma intercettata e poi, ovviamente, sbattuta sui giornali.

Per ora la questione Consip sembra superata dal voto al Senato dove le armate degli scissionisti Pd risalgono sconfitte le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Risalgono, ma non senza aver mandato un messaggio sui misteriosi compassi toscani. E vabbè. Per non farla lunga ci sia consentito un richiamo (anzi, una critica) a Renzi, il quale sa come difendersi, ma spesso con le battute quando, per la giustizia all’italiana, occorre ben altro. E questo altro, Renzi e il suo partito, a cominciare dal ministro Andrea Orlando, se ne guardano bene dall’affrontarlo come si fa col toro con le corna, altrimenti si finisce incornati. L’esempio dell’ultimo dibattito sulla giustizia è, a un tempo, illuminante e deprimente, e per certi aspetti devastanti. L’abuso delle intercettazioni, ancorché rilevato dal ministro (capirai lo sforzo), è stato rinviato sine die a una delega del governo.

Campa cavallo. Sulla lunghezza storica dei processi brilla come un diamante infernale la prescrizione praticamente sine die. La separazione delle carriere continua ad essere un tabù. E l’invasione di campo, cioè della politica, da parte di attivissimi pubblici ministeri continuerà come prima, più di prima. Come mai? Perché il nostro cinema da straccioni ha bisogno come il pane di legal fiction, di soggetti ad hoc, di sceneggiature dove il soggetto principale, il giustizialismo, è elaborato in mille modi, soprattutto in Parlamento. Ed è tutto gratis.

Aggiornato il 23 giugno 2017 alle ore 22:07