Papa Bergoglio: essere e apparire

L’articolo di Angiolo Bandinelli sul mondialismo del Papa merita una particolare menzione. L’autore prende spunto da una riflessione svolta da Ernesto Galli della Loggia e pubblicata sul Corriere della Sera col titolo: “Un messaggio religioso che è diventato politico”.

Bandinelli, a proposito della strategia complessiva dell’odierno pontificato di Francesco, pone l’accento sulla visione mondialista che è “è continuatrice di una specificità anch’essa tipica della Chiesa cattolica lungo tutta la sua storia”. Tale considerazione coglie nel segno nel richiamare il principio universalista sul quale s’incardina l’azione di una grande organizzazione religiosa strutturata gerarchicamente. Superando la miopia imposta dalla cronaca quotidiana, un’attenta osservazione delle mosse di Papa Bergoglio restituisce una visione della Chiesa cattolica del terzo millennio più veritiera e radicalmente difforme, nei suoi obiettivi escatologici, dalla rappresentazione che si tende a darne nelle valutazioni di superficie. Bandinelli riprende Galli della Loggia il quale rileva come sia la misericordia “la direttiva cardine ed esclusiva per la propria presenza sociale deponendo con ciò l’ipotesi di ogni diverso ruolo propriamente politico”. Non è del tutto vero. Il tema della misericordia è semmai il veicolo mediante il quale riportare al centro dell’azione della Chiesa la riconquista dell’egemonia sulla civiltà dell’Occidente. Non un processo di riappropriazione di ruolo in senso strettamente politico ma, più in generale, etico-spirituale-culturale. Tanto per sgombrare il campo da malintesi, le principali tematiche sulle quali è impegnato il magistero di Francesco (ambiente, immigrazione, lavoro) solo in apparenza possono ricondursi a una visione progressista ed emancipata della storia dell’umanità. La realtà è che, invece, vi è un ritorno potente a una vocazione egemonica propria del tradizionalismo cattolico radicale.

Nel messaggio bergogliano c’è molto meno Karl Marx e più Joseph de Maistre e Louis de Bonald di quanto si creda. Ne consegue che il movimentismo cattolico al quale fa riferimento Bandinelli e che è stato implementato dal peso carismatico di Francesco segue le tracce di quella centralità del pontificato nella civiltà occidentale, che è stata la bandiera dell’Action française del primo Charles Maurras e dei fautori del tradizionalismo carlista nella Spagna otto-novecentesca. Bergoglio, cogliendo pragmaticamente il vantaggio della globalizzazione, prova a cavalcare il vento che travolge i particolarismi nazionali per proporsi da rimescolatore di carte di un nuovo paradigma sociale fondato sull’azzeramento delle differenze identitarie, sull’esaltazione dell’egualitarismo sociale, sull’annichilimento dello spirito di competizione tra individui e, conseguentemente, tra comunità e gruppi umani aggregati. Bergoglio coglie lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, che ha ceduto le armi alle logiche consumiste, per innestarsi nel flusso della “società liquida” allo scopo di vivificare un’istanza di religiosità, presente nell’individuo al pari di qualsiasi altro “bisogno” stimolato dal mercato. Tuttavia, sfruttarne strumenti e metodi non si traduce in condivisione di senso e di fini della mondializzazione economica. Nel mirino di Francesco c’è la borghesia liberale alla quale rimprovera, sulle orme del pensiero di Juan Donoso Cortés, di aver bandito Dio dal mondo pur continuando a professarne il credo. Egli stesso si propone come monarca nella pienezza di poteri sostanziali, e non restrittivamente “spirituali”, che promanano da quella legittimazione divina al governo dei destini di una porzione d’umanità, che si fa politica quando tocca terra. La medesima legittimazione, in forma mediata di sovranità extra-temporale, che la borghesia liberale ha voluto sottrarre ai suoi monarchi pur continuando, in taluni casi, a tenerli su troni svuotati di significato. Nel tempo storico della conoscenza trasferita attraverso la tecnologia del digitale non serve più avere eserciti e carri armati per conquistare l’egemonia di un sistema sociale sovranazionale il quale, pur tenendo fuori l’ampia fascia dei Paesi europei affrancati storicamente dalla Chiesa di Roma attraverso le molteplici fasi della riforma protestante, comunque copre un’ampia superficie di territori che si espandono in una dimensione transcontinentale.

Bergoglio, per ridefinire il ruolo del pontificato nel terzo millennio, è ripartito da molto lontano: dal 1648 e dai trattati di Westfalia che sancirono, con la fine della guerra dei Trent’anni, il principio del “cuius regio, eius religio”. Francesco, lo si è visto con Donald Trump, prova a mettere le mani nel piatto dei potenti dell’Occidente come se quattro secoli di separazione tra trono e altare fossero passati invano. Il Papa, riconducendo la natura del male all’uomo e non alle sovrastrutture sociali che lui si è dato, delinea, riprendendo il pensiero del tradizionalista Francisco Elías de Tejada y Spínola, una restaurazione dell’ordine metafisico realizzato da Dio nel mondo attraverso un nuovo modello di società aperta ordinato secondo quel principio di “misericordia” al quale fa riferimento Galli della Loggia.

Grazie, allora, allo spunto di Bandinelli è possibile canzonare un po’ quei tanti entusiasti radical chic che pensano, sbagliando, di aver trovato un nuovo idolo per le loro fantasie progressiste e terzomondiste. Non fatevi illusioni, spiritelli accecati dall’egualitarismo della ragione cartesiana. Bergoglio non sarà mai uno dei vostri benché oggi dica cose che sono musica per le vostre orecchie. Dalle mentite spoglie del povero prete venuto dai confini del mondo un nuovo sovrano si sta levando.

Aggiornato il 21 settembre 2017 alle ore 22:09