M5S: sta calando la tela sui sogni e i bisogni?

Pare già di essere in tempo di elezioni, invece si tratta soltanto del giorno dopo, all’alba in cui è calata la tela e sembrano tramontati sogni e speranze grillini, ma non solo guardando alla sinistra. Sogni, come si dice. E i bisogni, giacché la vita politica continua?

Ha perciò pienamente ragione il nostro direttore quando afferma che “non saranno le manifestazioni di piazza a mettere in crisi il “Rosatellum”. Semmai saranno i calcoli e gli interessi personali dei singoli deputati...”. Calcoli e interessi che non devono essere stati estranei ai comportamenti, a dir poco piazzaioli, dei pentastellati che, per soprammercato, hanno caricato il Rosatellum di un’accusa né più né meno che di “golpismo”, “fascismo”, “mussolinismo” e chi più ne ha più ne metta.

In realtà, come accade da sempre, prevalgono per l’appunto i calcoli e gli interessi, due parole che i grillini considerano peggio di un insulto da riversare, ovviamente, sugli altri, mentre loro, invece... Invece anche loro, magari in pochi, magari tramite Casaleggio, magari col telefonino, hanno calcolato, eccome, senza ombra di disinteresse personale e collettivo, sulla convenienza di questa nuova legge elettorale. Convenienza che, per loro, non c’è semplicemente perché hanno fatto i calcoli (rieccoli) e, rimanendo fuori da ogni coalizione per principio e spergiurando esclusivamente sul certissimo arrivare primi alle elezioni, hanno sbagliato i calcoli. Capita.

Il punto vero però, sempre girando intorno al magico termine, sta in una sorta di doppiezza del pensiero grillino, la cui storia, se così si può chiamare, punta sempre sulle ipotesi sondaggistiche avveratesi in questi dieci anni di populismo sfrenato e indecente ma sempre e comunque rientranti nel campo delle speranze le quali, come si sa, vanno e vengono. Fermo restando che il loro ruolo, nato per l’appunto con la vocazione dell’opposizione a tutto e a tutti, avrebbe potuto trasformarsi in un compito ben più alto arrivando primi e conquistando Palazzo Chigi, ma se ciò com’è molto probabile non accadrà continueranno a fare le stesse cose, non saranno cioè disoccupati. Cadranno sul morbido mentre il Paese, per nostra fortuna, scamperà al rischio pressoché mortale della loro inettitudine, vedendosela elettoralmente-governativamente fra centrodestra e centrosinistra. Che c’entra il golpe, il fascismo, l’autoritarismo a favore degli indicati corrotti ladri e mascalzoni in tutto questo lo lasciamo ai novelli Aristotele pentastellati che, fra un’ingiuria e un insulto agli altri, si danno arie di eccelsi filosofi della Costituzione, purché vada bene a loro e soltanto a loro.

Semmai, e qui ritorniamo ai calcoli iniziali, a quelli che dovranno fare (e che stanno facendo) gli uscenti pentastellati nella quasi certezza che nessuno di loro arriverà a Palazzo Chigi e che non potranno più dire di essere il primo partito perché saranno tagliati fuori dalla prossima gara fra centrodestra e centrosinistra. Non solo, ma dovranno tenersi buona la ditta Grillo-Casaleggio se vorranno essere indicati, loro sì, alle poltrone di Camera e Senato con relativo e assai lauto stipendio, pur continuando a urlare contro stipendi, pensioni e vitalizi (altrui), e con l’immarcescibile Luigi Di Maio a proclamare urbi et orbi che “dopo le elezioni li mandiamo tutti a casa!”, ma sarà forse lui a doversene andare.

Come scriveva il grande Indro: “I sogni muoiono all’alba”; tutti i sogni, anche quelli di Grillo al quale, tuttavia, una parte di quel sogno si è avverato col suo populismo/giustizialismo durato quasi dieci anni - una durata sconosciuta in tutte le democrazie - al termine del quale sembrava che dovesse trionfare. Si accontenti, se ne è capace. Non tutto si può avere nella vita. E soprattutto nella politica.

Aggiornato il 13 ottobre 2017 alle ore 21:00