Chi vince, chi perde, e dopo?

Sarà vero che i sondaggi non sempre c’azzeccano e non meno vero è che neppure le intenzioni di voto aiutano a capire. Il fatto è che neppure noi siamo stati capaci, se non di capirne le ragioni di fondo, almeno di intuirne qualche valido motivo perché i pentastellati arrivassero a un successo del genere. E, di già che ci siamo, mettiamo con loro i leghisti di un vivacissimo e pimpante Matteo Salvini. Il quale, si badi bene, non ha ottenuto soltanto tanti consensi, quanto, e soprattutto, ha battuto il Cavaliere di circa quattro punti. E adesso, come è o sarebbe nell’ordine naturale delle cose politiche, attende l’incarico di Premier. On verrà, come diceva ironico De Gaulle agli entusiasmi dei suoi avversari. Si vedrà.

Ma se Salvini può reclamare qualcosa in base a un’alleanza, peraltro vincente (non va mai dimenticato, come invece capitava la sera del voto in molti talk-show), che andrà da Sergio Mattarella per dire la sua (o la loro) sulla coalizione (la loro) e sul governo (il loro) diversa è la situazione del M5S e del loro “conducator” Di Maio. Intendiamoci, loro sono vincitori politici, non ci sono dubbi d’alcun genere, e anche vincitori numerici, dall’alto del 32 per cento a Montecitorio oltre che con gli incredibili voti nel Meridione con punte oltre il 50 per cento, che nessuna Democrazia Cristiana aveva mai raggiunto.

Ma intanto, come mai la rabbia grillina stravince? E sta cambiando la storia politica? Secondo A. Pascale “il M5S sempre nel giusto, sempre lì ad accusare. Grazie alla rabbia ti concentri, riesci a seguire 24 ore su 24 una persona e alla fine una pecca la trovi, poi col ghigno solito e la rabbia come grancassa, fai diventare questa pecca una macchia indelebile. Quando sei arrabbiato, nessuno ti può giudicare”.

E il “vaffa” anti-Casta come inizio di una nuova storia. Il No Tax, No Vax, No Tav. No Euro, il vaffa day, gli insulti alla politica ladrona (tutta), le delegittimazioni per via dei vitalizi e contro gli stipendi d’oro, dei parlamentari ovviamente, ebbene tutto questo bagaglio di improperi è stato rovesciato intero su questa tornata elettorale. E le reazioni degli altri? È l’aspetto più interessante, che ha quasi dell’incredibile, salvo che nel Berlusconi di non poche occasioni, proprio per via delle reazioni che in molti, troppi casi, sono mancate. Non solo, ma nel caso dei “vergognosi vitalizi” è passata in non poca opinione pubblica (una volta si chiamava “popolino”) la tesi che siano proprio le pensioni parlamentari, in una con gli stipendi d’oro alla casta, i responsabili del disastro italiano, della miseria diffusa, del lavoro che manca, del malessere nelle famiglie e persino nella mancanza di sicurezza nelle città. Che poi questi malanni siano, oggettivamente, di entità minore, non è servito non tanto come replica agli accusatori, quanto soprattutto come assenza di una replica vera e propria, puntuale, attenta, costante, chiara, coi fatti, con gli esempi, dicendo pane al pane e vino al vino. Invece i grillini hanno vinto a mani basse. Vogliono tutto, di più. Non sanno i pentastellati, o non vogliono sapere, che nel vocabolario della lingua politica italiana, alla parola tutto si legge: non si può avere.

Se escludiamo un Berlusconi che quasi sempre ha voluto aggiungere alle “incapacità e alle pagliacciate dei grillini” gli errori madornali nel loro proclamato antieuropeismo e antieuro (con migliaia di firme raccolte dal Di Maio dello scorso anno) e nei pentastellati proclami contro le vaccinazioni ai bambini, adombrando analoghi atteggiamenti, anche dell’indimenticabile capo delle SS, Heinrich Himmler, contro i bambini ebrei da eliminare con ogni mezzo, per non parlare di No Tav, No Tax e dei più incredibili “no” a questo e a quello, resta dunque da capire come e perché, soprattutto Renzi e i suoi piddini, abbiano troppo spesso lasciato perdere, nelle repliche ai grillini arrabbiati, i motivi più autentici per dissentire dalle loro autentiche “balle”, smontandole con dati, cifre, esempi ecc..

Peraltro, a un Di Maio che prende oltre il 50 per cento dei consensi in una regione come la Campania, forse sarebbe stato il caso ricordargli che promettere a tutti un reddito di cittadinanza magari di mille euro mensili se non di più e, insieme, di risolvere il problema del lavoro con l’antico articolo 18 e di garantire soldi ai bisognosi tagliando i privilegi della immonda Casta, ecco che quel cinquanta per cento sarebbe forse, dico forse, diminuito. Ma ora c’è da fare il governo. E, anche a questo proposito, rimembrare un Berlusconi che ha sempre raccontato di un Paese cui deve essere garantita stabilità, governi certi, programmi di sviluppo, garanzie di giustizia giusta contro populismi, giustizialismi e massimalismi, serve anche a sottolineare che c’è un vincitore, di governo, degno di questo nome: il centrodestra. Non è poco.

Aggiornato il 06 marzo 2018 alle ore 11:55