Se il Cav non le manda a dire

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole (politico), anzi, di antico. È Silvio Berlusconi, già (fin troppo) di ieri. Ma adesso di oggi. Quando ha replicato a muso duro alle litanie offensive del Movimento 5 Stelle. Ci si chiede che cosa di straordinario sia accaduto in una Polis dove, peraltro, gli accadimenti sono scanditi, da tempo, dalle insulsaggini ideologiche grilline condite di insulti erga omnes, cioè a tutti gli altri, in modo particolare contro Silvio Berlusconi. E il rosario degli insulti pentastellati non sembra affatto giunto all’ultima, per dir così, stazione. Anzi.

Non abbiamo mai avuto la sensazione che si trattasse e si tratti di incidenti di percorso, ma di un percorso tout court nel quale Beppe Grillo è da sempre avviato non foss’altro che per la sua forte, fortissima convinzione, una sorta di dogma, che gli altri partiti (tutti) sono corrotti, pieni di ladri, e delinquenti, e chi più ne ha più ne metta; mentre il suo (di partito) è pulito, corretto, trasparente e (mi raccomando) nuovo che più nuovo non si può. Si faccia dunque largo al nuovo che avanza, cioè alla premiata (dai voti) società Casaleggio il cui ruolo, a un tempo portante e decisionario pentastellato, è ancora tutto da scrivere.

Non si sa tuttavia se Casaleggio abbia promosso e/o benedetto le più autentiche iniziative grilline consistenti nell’insulto ad personam, nelle parolacce contro gli avversari, negli improperi personalizzati di cui quelli rivolti a Berlusconi potrebbero costituire un’antologia dell’orrore politicante che sembra aver invaso il teatro pubblico.

Certo, l’escalation offensiva grillina contro Arcore non poteva non approdare al veto ad personam, cioè al Cavaliere, di partecipare a un governo con il M5S presente, ancorché al veto sia subentrato da ieri una sorta di permesso, di concessione: poter votare a favore del governo ma standone fuori. Un appoggio esterno va bene, ma niente di più. Detta così sembra una boutade, una delle tante cui ricorrono in genere coloro che non hanno argomenti concreti da opporre e cercano di cavarsela con qualche battuta liquidatoria. In realtà, è la stessa “politica grillina” (rigorosamente fra virgolette) che fa dell’insulto liquidatorio all’avversario una specie di filosofia nella convinzione di essere gli unici legittimi e legittimati depositari del verbo. E non se ne capisce, anche da parte nostra, il perché.

Fatto sta che alla sequela a dir poco intimidatoria della specialità pentastellata, ha deciso di rispondere Berlusconi, non solo o non tanto per i frequenti voli in alto, cioè al di sopra, di Matteo Salvini, quanto soprattutto per la presa d’atto che, tolti gli insulti, di politica non se ne scorge l’ombra da quelle parti, soprattutto in un momento nel quale il cosiddetto “cazzeggio” instauratosi da oltre un mese fra i due, berlusconianamente definiti giovanotti, è finito di fronte all’unica vera, importante, pesante decisione: quella a proposito del governo e della maggioranza prossimi venturi. Hic Rhodus, hic salta! Governo e maggioranza, due cose sulle quali un Luigi Di Maio pensava di sorvolare coi soliti soliloqui in certi talk-show amici dove il gioco dell’esclusione personalizzata aveva dapprima condotto alla proposta di una maggioranza a due e quindi, fatto qualche conto, alla trovata non poco umoristica dell’appoggio esterno di Berlusconi e di Meloni. Fatto salvo, beninteso, quello che nel subconscio dimaiano premeva, ovverosia un bel governo con un Partito Democratico silente sia pure con interne vocine simpatizzanti di certuni, che il nostro direttore ha giustamente classificato nella categoria degli utili idioti.

È in questo quadro a dir poco desolante che la risposta di Berlusconi agli schiaffi subiti da Grillo assume toni e sapori che vanno ben oltre la reazione del momento e, soprattutto, evidenziano la presenza e il ruolo del leader di Forza Italia in una situazione nella quale è d’obbligo replicare agli insultatori di professione non nascondendo proposte possibili e fattibili per le quali i grillini sono costretti fare ricorso proprio a quella cosa da loro poco o niente frequentata e che va sotto il nome di politica.

Aggiornato il 24 aprile 2018 alle ore 11:16