Lo sviluppo dei piccioni

In una suggestiva intervista rilasciata a “La Stampa”, Luigi Di Maio ha annunciato uno stupefacente taglio del costo del lavoro, riducendo il famigerato cuneo fiscale, di natura selettiva. In sostanza questo genio della lampada, che col suo “Decreto dignità” è riuscito a inimicarsi l’intero mondo delle imprese italiane, ha promesso una riduzione del costo del lavoro a partire dai settori ritenuti più strategici dal governo. In particolare quelli legati al made in Italy, alle nuove tecnologie, alla cultura e al turismo. Ma, ha rivelato al suo intervistatore, per ora non intende svelare le stime di questo suo intervento, onde “evitare che cominci il tiro al piccione”.

Ora, a parte il piccolo dettaglio, ricordato su Twitter dal suo predecessore Carlo Calenda, secondo cui ciò costituirebbe un sussidio indiretto all’export sanzionato dal Wto e un aiuto di Stato vietato dai trattati europei, occorrerebbe segnalare al capo politico del Movimento 5 Stelle un elemento fondamentale da tenere sempre presente. Ossia la perversa relazione diretta che esiste tra spesa pubblica e tassazione in generale e, nella fattispecie, tra costo del lavoro e oneri sociali in particolare. Oneri sociali che servono precipuamente a finanziare una delle più alte spese previdenziali dell’Occidente avanzato, se non la più alta.

Nel 2017, l’Inps, tra pensioni vere e proprie e politiche di sostegno ai redditi, ha speso oltre 411 miliardi di euro; una cifra colossale che ammonta a quasi metà dell’intera spesa pubblica. Tant’è che nell’ambito dei Paesi dell’Ocse la media dei contributi sul lordo dello stipendio è del 21 per cento, si scende al 19,5 per cento in Germania, mentre in Italia si versa un proibitivo 33 per cento. Numeri impietosi che manifestano una realtà che le chiacchiere e la propaganda di chi oggi amministra il Paese non possono modificare. Di fronte a un simile differenziale non c’è alternativa a un sostanziale alleggerimento della spesa sociale, se veramente si vuole ridurre il cuneo fiscale che grava su imprese e lavoratori.

Tuttavia, come ricorderanno gli elettori che li hanno votati, la Lega e il M5S hanno addirittura promesso di espandere in maniera significativa tale spesa, tra abolizione della Legge Fornero e fantomatici redditi di cittadinanza. Dunque sarebbe assai strano che, oltre a non realizzare nulla di quanto promesso, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico decidesse di fare esattamente il contrario, tagliando la medesima spesa sociale allo scopo di abbassare il costo del lavoro. Per questa elementare ragione politica è da ritenere che gli annunciati tagli selettivi resteranno nell’album grillesco delle fanfaluche, a uso e consumo dei gonzi, degli sprovveduti e pure dei piccioni.

Aggiornato il 09 luglio 2018 alle ore 11:51