Purché rinnovamento non resti una parola

Diciamocelo almeno inter nos, il problema del rinnovamento partitico, nel nostro caso di Forza Italia, rischia di finire come non poche questioni della super-questione giustizia in Italia, e lo diciamo senza alcuna voluttà di polemiche a tutti i costi. Eppure, basterebbe pensare alla vicenda dell’editore e promotore culturale Armando Verdiglione (74 anni, malato, in carcere) cui negano il sacrosanto diritto a curarsi sospendendo i durissimi obblighi imposti. E l’appello del nostro giornale, cui ci auguriamo che anche un chicchessia di questo Governo porga ascolto, ma ne dubitiamo, si chiede con grande amarezza se qualcuno, in caso di morte di Armando, ne debba rispondere penalmente.

Il fatto è che c’è una grande distrazione generale in un quadro politico confuso in cui l’unica abilità governativa sembra eccellere nell’iterazione continua di una campagna elettorale a base di promesse miliardarie scandite, per di più, con tonalità sfocianti nell’eccesso cui la tivù, per non dire Twitter, App, Internet, offrono una sorta di politica-tutto-il-calcio-minuto-per-minuto senza tuttavia la moderazione dei grandi e rimpianti cronisti del tempo che fu.

Già, il tempo che fu denota e riavvolge in una specie di coperta, tanto morbida quanto ermetica, con una sorta di chiusura intorno al corpo di una Forza Italia che, come ricorda assai puntualmente il nostro direttore, e non da oggi, ha assolutamente bisogno di un rinnovamento degno di questo nome. Senza ricorre alle terminologie dei tempi che furono al grido rinnovare o perire. Ma il senso è quello, ci siamo capiti.

Del resto, guardiamo a questi ultimissimi giorni di un compagine governativa dove una sottospecie di cuculo parlante ad ogni ora del giorno, e pure della notte, lancia, rilancia ed esalta una manovra fatta passare, senza un minimo e non un massimo di riflessione, come il toccasana che ci voleva, la risposta decisiva, il rimedio di fondo per i nostri atavici mali. Ma, va detto e ripetuto, senza prendere atto che i toni da quattro marzo non soltanto sono per dir così superati dai fatti (voti, vittoria elettorale, ecc.), ma mettono in luce il lato nascosto, ma necessario, proprio di quei fatti in favore di sprazzi ed entusiasmi avvolti nell’altra coperta, quella della leggenda.

Intendiamoci, del supertema di Forza Italia che si incardina intorno al termine rinnovamento del quale la politica di oggi e di sempre ha fatto un abuso tanto vasto e profondo quanto innocuo e scorrevole, si parla praticamente da sempre e, se ben ricordiamo, a cominciare dal suo leader-fondatore la cui discesa in politica sulle macerie (giudiziarie, ecc.) della Prima Repubblica ha creato un edificio politico nuovo almeno quanto quello che seppe costruire, grazie anche alla non insensibilità della parte migliore e più moderna e attenta della politica d’antan, un sistema televisivo, comunicativo e spettacolare, fra i primi in Europa e non solo.

Il punto di fondo di Forza Italia è da qualche tempo, se non l’assenza tout court, di certo la mancanza strutturale di un gruppo dirigente che sia, a un tempo, degno di questo nome, ma posto (e postosi ) in grado di comprendere fino in fondo esigenze, problemi, questioni, organizzazioni, fatti, progetti e futuro di un Paese che primeggia sempre nelle qualità ma anche nei limiti. Un gruppo dirigente ai diversi livelli, che sappia giovarsi delle esperienze amministrative che ormai sono state acquisite, ma, nel contempo, che cresca non sulla base di nomine e cooptazioni come si dice dall’alto, ma in una dialettica a tutti i livelli che non significa un congresso permanente, ma un’occasione preziosa di confronto e di promozione dei migliori, dei veramente capaci, di tutti i giovani e meno giovani purché dotati di volontà e capacità nel confronto dialettico e civile con la cangiante, complessa ma pur sempre esaltante realtà di un Paese che, tra l’altro, è alle prese con una tonitruante componente di governo la cui premessa era ed è lo sfascio del vecchio in nome del nuovo anche se, a ben vedere, proprio lo sfascio, ma del Paese, sembra il suo vero lascito. A parte la collezione dei posti. Di sottogoverno.

Insomma, pensare al futuro, cominciando dal presente, di Forza Italia altro non è che un cimentarsi con il presente e l’avvenire di un’Italia che ha sempre più bisogno non di un controcanto dell’esaltazione della prudenza onnisciente e del freno premuto che chiameremmo per comodità “montiani”, ma della progettualità di un movimento capace di trasmettere al corpo politico e sociale il senso più autentico di una proposta liberale, moderna, fresca e antica al tempo stesso come è scritto nelle pagine più importanti di questo pensiero all’opera in governi, parlamenti, partiti. Di ieri, di oggi e di domani.

Aggiornato il 03 ottobre 2018 alle ore 09:56