Il centrodestra e la Prima guerra civile grillina

Nel momento di maggiore difficoltà che il Movimento Cinque Stelle sta attraversando dalla sua nascita, il leader Luigi Di Maio evoca un’immagine suggestiva. Il vice-premier chiama a raccolta i suoi e li invita a fare fronte compatto contro il nemico evocando la tattica di combattimento della testuggine.

Per sapere di cosa si tratti bisogna tornare indietro all’Antica Roma quando le legioni schieravano in battaglia la testudo, cioè una formazione tattica d’attacco composta, all’esterno, da opliti armati di grandi scudi oblunghi e cavi, disposti uno di fianco all’altro senza soluzione di continuità in modo da formare un parallelepipedo ermeticamente chiuso sul fronte e sui lati e, all’interno, da fanti e cavalieri protetti dai lanci dei frombolieri e degli arcieri nemici dagli scudi sollevati in alto. Ma anche la testuggine aveva il suo punto debole: la barriera di scudi non copriva il lato posteriore del parallelepipedo. Per i legionari della testuggine non era un problema perché alle loro spalle era schierata la fanteria pesante che impediva al nemico la manovra di accerchiamento della formazione d’attacco.

Per i Cinque Stelle non è la stessa cosa. Alle spalle di Luigi Di Maio e della coorte di fedelissimi dislocati sulla prima linea del fronte politico agiscono manipoli di sicari pronti a colpire. Il primo indiziato di tradimento è il nemico giurato della svolta a destra del Movimento Cinque Stelle, quel Roberto Fico che dalla fortezza di Montecitorio studia i piani del golpe interno. Ma non è l’unico. A giorni dal Guatemala, dove si trova da alcuni mesi a fare cosa non si capisce, dovrebbe ritornare in patria l’“eroe dei due mondi”, Alessandro Di Battista, che gli scontenti pentastellati vedrebbero bene nei panni di un novello Lucio Cornelio Silla pronto a riprendersi il potere dopo aver cacciato l’usurpatore Caio Mario/Luigi Di Maio.

Purtroppo non siamo ai fasti dell’Antica Roma repubblicana, ma l’idea di una guerra civile interna ai Cinque Stelle non dovrebbe dispiacere all’opposizione di centrodestra solo se ai suoi esponenti fosse rimasta quel po’ di lucidità per valutare con occhio obiettivo il quadro politico. Al momento, essi sono impegnati a caricare a testa bassa il Movimento Cinque Stelle, ma finora hanno rimediato solo devastanti craniate. Da tempo sosteniamo che gli avversari da destra del patto giallo-blu farebbero miglior cosa se provassero, con la critica costruttiva depurata degli insulti e delle narrazioni catastrofiste, ad allargare la crepa che si comincia a intravedere tra l’ala governista di Luigi Di Maio e quella sinistrorsa e movimentista del duo Fico-Di Battista, piuttosto che pretendere dalla Lega una rottura del “Contratto” di governo, che non ci sarà.

I naufraghi del centrodestra continuano invece a coltivare il sogno della fine prossima del Governo giallo-blu e, a ruota, della legislatura. Appunto, sognano. Se riuscissero a riemergere dallo stato onirico nel quale sono precipitati comprenderebbero che se il Governo cade è perché la testuggine che difende Di Maio è stata sopraffatta dall’attacco alle spalle dei commilitoni traditori. Battuto lui i vincitori, che si chiamino Roberto Fico o Alessandro Di Battista, si guarderanno bene dal concedere le urne a una Lega data vincente in caso di elezioni anticipate. La soluzione alla quale sta lavorando Roberto Fico dal giorno stesso dell’insediamento del Governo penta-leghista fa perno sul cambio in corsa delle alleanze grilline, dalla destra con Matteo Salvini alla sinistra con un Partito Democratico derenzizzato.

Sul fronte opposto, i “Dem” stanno preparandosi alla notte dei lunghi coltelli congressuali nella speranza di chiudere i conti con Matteo Renzi che, dopo un effimero successo, li ha portati alla rovina e sulla soglia dell’estinzione. Se il fratricidio dovesse compiersi chi prenderà la guida del Nazareno alla proustiana ricerca del tempo perduto sarà pronto a trattare con i Cinque Stelle. L’obiettivo sul quale proveranno a convergere “dem” e grillini del post-Di Maio sarà di fermare l’ascesa inarrestabile di Matteo Salvini. Un colpo di mano ai primi del prossimo anno darebbe alla ricomposta armata Brancaleone della sinistra la possibilità di risalire sul ponte di comando del Governo per quattro lunghi anni prima della fine naturale della legislatura. Che è un tempo sufficiente per assistere al prosciugamento della platea moderata del centrodestra e per concentrarsi sulla guerra alla destra sovranista essendo nel frattempo tornati ad occupare le casematte del potere.

Ora, posto che l’implosione del movimento magmatico dei Cinque Stelle è nell’ordine naturale delle cose perché il centrodestra non prova a difendersi, possibilmente scendendo dalla luna sulla quale si è andato a rifugiare? La sinistra è pronta a dialogare con Fico e Di Battista? Lo faccia. Ma il centrodestra cominci a incalzare Luigi Di Maio in un confronto costruttivo e la smetta di trattarlo da sciocco, ignorante bibitaro dello stadio San Paolo. Ne va anche della futura alleanza con la Lega. Come si può sperare di tornare insieme se quotidianamente gli esponenti del fu centrodestra accusano il Governo, il cui dominus è Salvini, di aver spinto il Paese nel baratro? Questi geni della strategia stanno scuotendo violentemente l’albero inconsapevoli del fatto che non saranno loro a raccoglierne i frutti caduti ma sarà la sinistra a farne una scorpacciata, senza neppure che debba dire grazie agli “ingenui” scuotitori moderati che stanno facendo il lavoro sporco per suo conto. Ma si può essere tanto miopi?

Aggiornato il 31 ottobre 2018 alle ore 09:42