Di Maio: i tre giorni del condor

C’è un filo rosso che lega i tre accadimenti delle ultime ore: l’ufficializzazione dell’esistenza di una fronda interna ai Cinque Stelle pronta a votare in Parlamento contro la conversione in legge del Decreto Sicurezza; la mozione del Consiglio comunale di Torino per l’interruzione dei lavori di costruzione della Tav; la pubblicazione della stima Istat sul Pil del terzo trimestre 2018. Tutti e tre questi eventi, nell’analisi, conducono alla crisi interna ai Cinque Stelle.

Il primo. Il Decreto Sicurezza, tema distintivo della presenza leghista al Governo, è approdato in Senato per l’avvio dell’iter di conversione in Legge. Ma subito quattro senatori del gruppo Cinque Stelle hanno annunciato il voto contrario. Forse è solo la punta dell’iceberg, altri parlamentari grillini sarebbero pronti a seguirli mettendo a rischio l’approvazione del provvedimento. A Palazzo Madama il patto di Governo giallo-blu può contare sul sostegno virtuale di 167 senatori, 6 in più rispetto alla soglia della maggioranza assoluta. È del tutto evidente che il voto negativo annunciato dai quattro senatori grillini vada interpretato come una micidiale bordata alla stabilità del Governo. Probabilmente la legge vedrà ugualmente la luce grazie al soccorso che potrebbe arrivare dalla pattuglia di Fratelli d’Italia, già favorevole ai contenuti del Decreto Sicurezza. Tuttavia, se il duo Salvini-Di Maio dovesse ricevere l’aiuto decisivo del partito di Giorgia Meloni per l’approvazione di una legge-cardine del “contratto” giallo-blu, il Governo stesso non potrebbe che trarre le conseguenze scaturite dal mutamento di scenario.

Il secondo. Il Consiglio comunale di Torino, in una contestatissima seduta l’altro ieri, ha votato con i soli voti della maggioranza grillina lo stop ai lavori dell’alta velocità Torino-Lione in attesa dei risultati dell’analisi costi-benefici. La votazione è avvenuta nel caos a causa dell’espulsione dall’aula dei consiglieri dell’opposizione Pd, Moderati e Cantiere Civico, rei di aver esposto cartelli nel corso della seduta. I 23 consiglieri pentastellati hanno votato la mozione nel mentre, fuori della “Sala Rossa”, 11 associazioni di imprenditori e i sindacati, favorevoli alla Tav, scatenavano la protesta dei cittadini. La sindaca grillina di Torino, Chiara Appendino, assente alla discussione in Aula, ha comunque ribadito il suo no alla Tav, influenzato da forti connotazioni ideologiche proprie del grillismo della prima ora. Le sue parole non lasciano adito a dubbi: “Siamo sempre stati contrari alla Tav, la posizione è già nota da tempo. Ora la decisione spetta al Governo e spero si arrivi in fretta ad una conclusione”.

Il terzo. Nella giornata di ieri l’Istat ha diffuso la stima preliminare sull’andamento del Pil nel terzo trimestre dell’anno. E non è buona. L’Istituto valuta che il Prodotto interno lordo, nel periodo luglio-settembre, “espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia rimasto invariato rispetto al trimestre precedente”, cioè allo 0,8 per cento. La variazione congiunturale evidenzia un calo della produzione industriale, in particolare nel settore dell’auto, a fronte di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca. Dunque, tutto rimanda alla crisi che sta attraversando il Movimento Cinque Stelle e all’inevitabile avvicinarsi del momento in cui il grillismo dovrà scomporsi per riconfigurarsi su nuovi orizzonti di senso. Il gioco del movimento idroponico e onnivoro non regge più. E quelle che finora sono state sensibilità multiple in coabitazione all’interno di un unico contenitore partitico dovranno imboccare strade separate se vorranno continuare ad esistere nel panorama politico nazionale.

Luigi Di Maio deve puntare sulla crescita economica per vincere la scommessa di governo, ma non può farlo fino a quando il suo Movimento rimarrà legato all’utopia della decrescita felice che prescrive come prassi di buon governo il blocco degli investimenti sulle grandi infrastrutture e sull’ammodernamento industriale del Paese. Lo 0,8 trimestrale rilevato dall’Istat, che anticipa la variazione annuale del Pil al +1,0 per cento, non basta a rimettere in equilibrio i saldi di finanza pubblica interessati da una manovra espansiva di segno anticiclico. Occorre che il Governo si affretti ad avviare cantieri su tutto il territorio nazionale, che è il comportamento opposto a quello che suggerisce di tenere tutti i dossier bloccati nel cassetto del ministro delle Infrastrutture. Ciò non sarà gradito a quella parte del Movimento che intende tenere fede alla propria vocazione pseudo-ecologista. Perciò, al giovane leader pentastellato toccherà scegliere da che parte stare visto che non il capriccio di qualcuno ma l’implacabile divenire della Storia gli impedirà di continuare a tenere i piedi in quattro staffe. Stesso dicasi per le misure securitarie volute dall’alleato leghista. Luigi Di Maio se vuole continuare la sua esperienza governativa non può tradire il patto con Matteo Salvini per cui dovrà usare con i suoi il pugno di ferro: espulsione dal Movimento per chi vota contro. Se poi il successo parlamentare del Decreto Sicurezza dovesse dipendere dall’apporto dei voti di Fratelli d’Italia, Di Maio dovrebbe prenderne atto e riconsiderare la riperimetrazione della maggioranza parlamentare. Tale novità costringerebbe l’ala di sinistra presente nei Cinque Stelle a dissociarsi, non potendosi concepire in natura un insieme che comprenda una Giorgia Meloni e un Roberto Fico.

Non sarebbe un traguardo ma l’incipit di un processo a lungo raggio il cui obiettivo è il ritorno nell’alveo del centrodestra di quell’ampia porzione di elettorato moderato e conservatore che negli anni ha cercato risposte nel progetto grillino. Sondaggi alla mano, si tratta della maggioranza degli italiani che non è mai stata e mai sarà di sinistra e che dopo anni di diaspora elettorale deve potersi riconciliare con la propria storia.

Aggiornato il 01 novembre 2018 alle ore 11:49