Politica-spettacolo e la giustizia? Pure

Pare davvero che il latitante Cesare Battisti si considerasse un protagonista fra i minori dell’epoca terroristica, a parte il fatto che “il modo trionfale con cui è stato ricevuto a Ciampino, la mostrificazione messa in atto da Salvini con il suo solito linguaggio truculento (“Dovrà marcire in galera!”), il mancato rispetto di normali diritti, come ripulirsi e rivestirsi prima di entrare in carcere, lo avranno convinto che non è così, e l’Italia ha voluto dargli un posto nella storia – sia pure nella storia criminale – più importante di quello che gli spettava (“La Stampa”). Giusto, giustissimo, ci mancherebbe altro. Però c’è un “ma”.

Chi ha voluto, gestito e rappresentato tutta questa storia criminale a Ciampino e dintorni e in televisione? Chi ne ha sancito il bollo per dir così ufficiale? E chi, soprattutto, era certo di guadagnarci un ottimo ritorno o, per meglio dire, un’audience con i fiocchi? Perché, sia pur detto inter nos, di audience si trattava e si tratta, di indice d’ascolti, di gradimento in tivù e, va da sé, nel fare politica, anche e soprattutto di governo.

La voglia di apparire, questo è il problema. E non solo di Matteo Salvini, intendiamoci, ma il vicepresidente del Consiglio leghista sembra davvero eccellere in questa che si vorrebbe chiamare arte se non fosse che, per suo mezzo, specialmente nel parossismo mediatico in cui viene incarnata, si travolge l’antica missione che si ammanta della parola Polis ma soltanto nei modi e nei tempi in cui la sostanza diventa forma e questa, e solo questa, sembra trionfare sul resto, fatti compresi.

Cosicché il fatto del trasferimento dal Brasile in Italia del Battisti pluriomicida e latitante da decenni, ha subito una modificazione, una sorta di trasferimento altro, interno, una sorta di cambio, anzi, di scambio utile alla riuscita di uno spettacolo trasformistico, di un passaggio dalle dichiarazioni del caso, dalle parole necessarie e stringate alle fluorescenze di primi piani, piani medi, piani lunghi e lunghissimi, esattamente come in un evento cui il medium conferisce una sorta di sacralità che sussume la verità, la incorpora e la traduce per la sua migliore fruizione popolare.

La politica spettacolo è dunque la cifra e, contemporaneamente, la sostanza del salvinismo – una volta avremmo detto di lotta e di governo – che applica agli eventi, alle scelte, alle decisioni (pochine, invero), agli incontri la legge di fondo del discorso pubblico (la Polis) nell’era della televisione: la Politica è diventata il contenuto degli “spettacoli” televisivi e che questi stanno diventando il contenuto della politica.

Intendiamoci, la spettacolarizzazione dell’arrivo di Battisti, ha per dir così una sua doppia mostrificazione (termine niente affatto spregiativo che intende invece il suo opposto in quanto visibilità mediatica) giacché la legge dello spettacolo, anche per un infame assassino, non va in pensione, non si astiene, non si piega, ché il sostegno dell’attore principale, ancorché ministro e pure doppio se si aggiunge quello della giustizia, rientra nella logica del medium, nella sua essenza, staremmo per dire nella sua legge se non fosse che la parola stessa, richiamandone la vera mission, il vero contenuto, sfuggisse, quasi nascondendosi dietro la visione televisiva a sua volta trionfante secondo un’altra legge, quella della pubblicità.

Sì, proprio della speciale pubblicità ad opera della televisione che, a ben vedere, non si sofferma tanto sulla natura e qualità dei prodotti. Si sofferma sul carattere dei consumatori e, non a caso, la stessa tivù è oggi lo strumento principale per presentare le idee politiche in maniera moderna. Ma con un’osservazione che vale anche e soprattutto nelle sequenze che l’arrivo di Battisti e la contestuale presenza di Salvini ci hanno indicato come una sorta di proverbiale massima: in televisione i politici sono indotti non già ad offrire al pubblico l’immagine di se stessi, ma ad offrire se stessi come l’immagine degli spettatori. Alla faccia di ogni discorso, di ogni fatto, di ogni accadimento, di ogni vicenda sia pure dallo sfondo criminale. Come quella di Ciampino. Alla prossima.

Aggiornato il 18 gennaio 2019 alle ore 18:10