Il Governo dei giudici

Metti che, in Italia, ci siano 8mila magistrati circa. A fronte dei pochi indagati, la maggior parte dei loro colleghi lavora in silenzio, lontano dai clamori e dai giochi di potere.

Quei “pochi”, tuttavia, al netto delle responsabilità individuali (o di gruppo, per dirla chiaramente), hanno creato una rete di controllo intollerabile in un Paese democratico. Hanno fatto esattamente ciò che, nei convegni pubblici, contestano al mondo politico, diventando essi stessi centro di un potere occulto, sottratto ad ogni controllo e, anzi, capace di condizionare o sostituirsi alla politica.

Quando parlavamo di governo dei Giudici, ci riferivamo proprio a questo: ad un sistema e non sporadici episodi. Avanti così non si può andare. Non è possibile che qualcuno possa pensare di controllare il Paese attraverso le nomine dei Procuratori di Roma, Milano e di coloro che, in forza delle regole sulla competenza, vigilano sul loro operato.

Qualche cosa bisognerà pur fare, estendendo l’intervento ben oltre (e addirittura indipendentemente da) la separazione delle carriere. Però, non dobbiamo neppure dimenticare gli “altri”, quelli che lavorano in silenzio, il cui operato rischia di essere delegittimato senza motivo.

Invertiamo la prospettiva: se davvero vogliamo cambiare le cose, pensiamo ai “buoni”, proteggiamo loro (e noi stessi) e scriviamo regole che impediscano loro di cedere alle tentazioni. Equilibrio e moderazione, non vendetta.

Dopo lo scandalo, molti magistrati hanno inteso ribadire la loro incondizionata adesione al principio secondo il quale il Giudice deve essere indipendente, sottolineando la connotazione morale del concetto di indipendenza. Giusto, giustissimo, anzi: sacrosanto.

Ma qui non è in discussione l’indipendenza della magistratura. Qui parliamo di un sistema di potere che ha piegato leggi ed istituzioni ad interessi inconfessabili, facendosi scudo anche o soprattutto con l’indipendenza. Strano, vero? Quelli che dovrebbero essere impermeabili agli altri poteri, scelgono di usarli, intimidirli, condizionarli e di costruirci la carriera e le fortune personali. Ad occhio, direi che l’indipendenza non c’entra affatto. Mercanteggiare cariche in nome dell’indipendenza non mi sembra una bella cosa.

Mettiamola così: facciamo due o tre ritocchini alle leggi vigenti e allarghiamo un po’ lo spettro dei controlli sull’operato extragiudiziario dei magistrati. L’obbligo di rendiconto sulle amicizie e sui regali ricevuti non mina la vostra indipendenza. In compenso, mette tranquilli noi, che (pensate un po’) siamo costretti dalla legge a fidarci di voi.

Aggiornato il 07 giugno 2019 alle ore 10:10