Sardine indigeste

Le “Sardine”, che in politica non sono pesci ma le guardie pretoriane dell’establishment e dell’egemonia della sinistra, hanno sperimentato un’eccellente tattica di combattimento verbale contro il nemico. Il meccanismo che adottano è semplice, quasi elementare, ma funziona. In cosa consiste? Ciascuno di loro può salire su un palco e proferire ogni genere di nefandezza contro il bersaglio principale che resta Matteo Salvini e la Lega. Non appena i destinatari degli insulti replicano, a prescindere da cosa dicano, le Sardine si mettono a fare le vittime denunciando di subire aggressioni mediante espressioni di odio e di violenza verbale da parte del brutale nemico. Su tale presupposto le “Sardine” chiedono la solidarietà della buona umanità della sinistra progressista contro i presunti barbari aggressori. Nel subliminale, il messaggio che passa è drammatico: si etichetta l’esercizio del pensiero critico all’interno della dialettica democratica alla stregua di manifestazione del sentimento d’odio politico.

Non vorremmo cadere nella trappola di un patetico vittimismo, tuttavia sorge il sospetto che tale tattica nasconda germi di autoritarismo liberticida, tendente alla soppressione sistematica del diritto di parola alle opposizioni. Ragione per la quale non condividiamo i giudizi di paternalistica accondiscendenza espressi sul conto delle “Sardine” da esponenti della destra plurale. Anche perché più che urlare le “Sardine” starnazzano. Un po’ ricordano le oche sacre del Campidoglio. La leggenda narra che Roma, dopo giorni di assedio, fu salvata dall’assalto di Brenno e dei Galli grazie all’allarme lanciato nottetempo dalle oche sopravvissute sul colle del Campidoglio perché sacre a Giunone. Passano i millenni, ma i miti resistono. Se il Brenno di oggi è Salvini, i figli di papà che organizzano flash mob per difendere lo status di garantiti consentito a una parte del ceto medio dalle politiche discriminatorie della sinistra, non possono che essere le oche sacre (a Romano Prodi e ai radical-chic) del “Sistema”.

Il colle capitolino della leggenda è, nella versione odierna, il circo mediatico dell’informazione allineato e coperto con il “regime” progressista. Giornali e talk-show sono invasi dalla presenza quotidiana dei rappresentanti di questo popolo di “fighetti” che nella sostanza delle cose non ha nulla da dire se non ripetere come un mantra quanto sia cattivo Matteo Salvini e odiatori seriali i suoi accoliti e quanto, invece, sia buono e giusto il Governo della sinistra, anche se privo del consenso maggioritario del Paese.

Si prenda il caso recentissimo della “sardina” emiliana di San Pietro in Casale, paese della Bassa bolognese, Sergio Echamanov. Il giovanotto da qualche giorno è stato trasformato nell’icona del martire perché il “cattivo” Salvini lo avrebbe deriso in un suo post sui social, prendendolo in giro per una difficoltà di linguaggio. Il ragazzo è scioccato; la sinistra indignata, per bocca di Nicola Zingaretti, invoca la mobilitazione per “fermare la deriva violenta del leader della Lega”; i media di regime gli vanno dietro battendo la grancassa propagandistica dell’“io-sto-con-Sergio”. Dagli insuperati maestri della “disinformazia”, ultima eredità della liquefatta ideologia comunista, è attesa, in sequenza, una querela contro il capo leghista perché avrebbe danneggiato l’immagine del contestatore, poi interviste a raffica e comparsate televisive - anche a Sanremo? Perché no? - e magari un libro sull’episodio, con un cd allegato di canti partigiani della Resistenza.

Ora, se fosse vero l’insulto sarebbe imbarazzante prendere le parti del “Capitano”. Ma è qui il nodo della questione che è paradigmatico per spiegare la tattica raffinata di manipolazione della realtà rapidamente appresa da queste “Sardine”. Appunto, se fosse vero. Il problema è che non lo è. Effettivamente Salvini ha commentato l’intervento del ragazzo in modo ruvido, ma si tratta di una replica a un discorso menzognero e indecente. Partiamo dal leghista. Salvini a commento del video del discorso di Echamanov, che pubblica, scrive: “Guardate la carica e la grinta che avevano pesciolini e sinistri poco fa a San Pietro in Casale. Se pensano di fermarci così... abbiamo già vinto!". Chi si avventura su un palco a improvvisare un discorso pubblico deve farsi carico della reazione di chi dalle parole pronunciate possa sentirsi ingiustamente colpito. Piuttosto che fare la vittima, il signor Sergio Echamanov dovrebbe dare conto delle sue asserzioni violente contro la Lega. La sardina ha detto testualmente: “I libri sui quali adesso cammino sono l’unico modo per renderci liberi... ma liberi non da un Governo che ha portato la migliore sanità in Emilia-Romagna ma liberi dall’odio e dalle manifestazioni antisemite che si sentono da quel partito che è qua affianco”.

Siamo oltre le opinioni, Sergio Echamanov denuncia comportamenti che devono essere circostanziati. Dica il giovanotto in quali occasioni, pubbliche o private, abbia visto compiere atti antisemiti da simpatizzanti o dirigenti della Lega. E in cosa siano consistiti. Faccia i nomi. Riferisca i particolari puntuali in cui partecipanti oppure organizzatori degli eventi leghisti abbiano espresso pubblicamente sentimenti antisemiti. Perché se non lo fa, il signor Echamanov è passibile di querela per diffamazione. In uno Stato di Diritto, sconosciuto ai “fighetti” della piazza a sardine, funziona così: se accusi qualcuno di qualcosa devi mostrare le prove. Questo episodio serve lo scopo pedagogico di una nuova tirannide: nella società del verosimile non conta la verità ma la rappresentazione che della realtà dà il mainstream del politicamente corretto. A colui che è stato individuato come il nemico da abbattere è lecito attribuire qualsiasi colpa, anche se palesemente falsa, mentre ai portatori di “Bene” è consentita la menzogna perché giustificata da un superiore fine morale. Non ci scandalizziamo per questo. Non è la prima volta che Verità e Giustizia vengano piegate al potere del sedicente superiore di spargere il suo veleno sugli inferiori. I più feroci massacri della Storia hanno cercato una giustificazione su piani differenti dall’umano. Da “In hoc signo vinces” a “Dio lo vuole” “al teutonico “Gott mit uns” (Dio con noi), scritto in ultimo sulle fibbie delle cinture dei soldati del Reich.

Si dirà: sono giovani, carichi di entusiasmo questi ragazzi che vanno in piazza travestiti da sardine. È vero. Il tratto di spavalda arroganza, che esprime un sincero sentimento d’odio verso il nemico politico, ci riporta alla mente la fondatezza della coppia assiologica alternativa di amico/nemico che caratterizza la categoria schmittiana del politico. Tuttavia, l’approccio adolescenziale alla politica riconosce segni e canoni iscritti in statuti ontologici invariati nel tempo e a qualsiasi latitudine. C’era apologia dell’amore per l’uomo superiore, migliore e per l’ambiente naturale da salvaguardare anche nella “Hitler-Jugend”, la gioventù hitleriana, nel momento in cui se la prendeva con i nemici del Reich, accusati di essere antropologicamente inferiori, sovvertitori dell’ordine della “buona società”, culturalmente ignoranti, nemici del progresso, pericolosi portatori d’odio. Attente “Sardine”! Perché le forme delle ideologie sono cangianti, ma i metodi e le parole d’ordine della tirannide suonano il medesimo spartito.

Aggiornato il 17 gennaio 2020 alle ore 11:58