Covid 19: la salute non ha prezzo?

Sul Covid 19, chi scrive non è mai stato un negazionista (o un cospirazionista anche se c’è chi si è approfittato della situazione per fini politici). Al contrario ha sempre sostenuto che questo coronavirus non dovesse essere paragonato a un influenza, per quadro clinico ed epidemico: né quelle stagionali né la micidiale Spagnola. Sul virus, i famosi esperti, divenuti ormai icone pop, ci hanno capito, ancora, assai poco, soprattutto quando si avventurano in spiegazioni sui profili biologici dei casi gravi o su tesi “climatiche” sull’andamento dell’epidemia: caldo-freddo, secco-umido etc. Neppure sembra fondato aspettarsi micidiali seconde ondate sulla base della scarsa conoscenza acquisita o del precedente della (differente) epidemia Spagnola.

Tutto ciò premesso, bisogna mettere sull’altro piatto della bilancia il costo socio-economico di ipotesi di nuovi lockdown o di perduranti blocchi di interi settori. Quello di marzo si è reso necessario perché il sistema sanitario era prossimo al collasso e si rischiava di paralizzare le attività ospedaliere anche per il trattamento di altre patologie o emergenze. I mesi trascorsi dovrebbero essere stati usati (lo sono stati?) per riorganizzare la rete dei reparti Covid, porre in essere capillari metodi di monitoramento e mettere a punto più efficaci protocolli terapeutici. In conclusione, la strada di chiudere persone e attività, come mezzo per estirpare il virus, non è percorribile. Perché avrebbe altissimi costi sotto il profilo della finanza pubblica, delle attività produttive, dei posti di lavoro e, in ultimo, della pace sociale.

Non ci si lasci ingannare dall’apparente docilità della cittadinanza ancora stordita dallo shock del lockdown e sedata dai sussidi (che prima o poi finiranno). In altre parole fino a che non sarà raggiunta l’agognata immunità di gregge attraverso vaccinazione o il naturale corso dell’epidemia, con il covid 19 ci dovremo convivere. E toccherà al sistema di sanità pubblica far diventare test e tamponi la routine per la più larga fascia possibile della popolazione. Da decine a centinaia di migliaia in più, ogni giorno. E da lì tracciare, isolare selettivamente e trattare i casi acuti.  Nella Fase 1, come in quella attuale, la maggior parte dei contagi si registra dove la mascherina non si usa. Ossia all’interno di RSA, conventi, pensionati, comunità e...nuclei familiari. Serve screening su larga scala e monitoramento continuo.  Questo ha un costo. Ma certamente inferiore a nuovi lockdown o altre pesanti e generalizzate restrizioni.

Aggiornato il 26 agosto 2020 alle ore 11:24