Recovery fund: il vuoto pneumatico del Governo

Lo dico con preoccupazione: le linee d’intervento approvate dal Governo per spendere i soldi del Recovery fund rasentano il ridicolo. Aria fritta, parole al vento, prive di costrutto. Insomma, il vuoto pneumatico.

Su cosa si fonda questo giudizio? Vediamolo insieme.

Il Governo individua sei linee d’azione o, come si dice in gergo, missioni: digitalizzazione, innovazione e competitività; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per mobilità; istruzione, formazione, ricerca, cultura; equità sociale, di genere e territoriale; salute.

Le missioni indicano gli obiettivi politici della spesa, la materia, il macrosettore d’intervento. Sono pressappoco come i titoli dei libri scolastici, fanno capire qual è la materia di studio: matematica, lettere, fisica, economia.

Come i titoli dei libri, però, anche le missioni si fermano lì. Per scendere nel vivo della materia occorrono l’indice e dopo i titoli dei capitoli, dei paragrafi e finalmente il contenuto stesso del libro: nelle sue pagine deve essere detto “cosa” è un’equazione, “cosa” ha scritto Alessandro Manzoni, “cosa” è la teoria della relatività e via dicendo. Oppure “come” si costruisce una casa, “come” si comportano i pesi o come si organizza un’impresa.

“Cosa” e “come” sono la sostanza delle azioni politiche di un governo. E allora, il Governo in carica “cosa” intende fare per aumentare l’occupazione? “Cosa” pensa di fare per incentivare la ricerca, attrarre capitali, migliorare le infrastrutture? “Come” vuole aumentare la produttività, ristrutturare il sistema scolastico, l’università?

Il documento non dà nessuna indicazione di questo genere. Tre rapidi esempi. Nell’ambito della missione numero uno, quella sulla digitalizzazione, si dice: “Il Governo punta alla digitalizzazione in modo da rendere più efficienti e tempestivi i servizi resi al cittadino e alle imprese”; il Governo punta alla “introduzione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali” così da “favorire processi di trasformazione digitale delle imprese”.

La missione numero tre, quella sulle infrastrutture, è liquidata in cinque righe, quando invece dovrebbe essere il cuore pulsante della spesa produttiva e degli investimenti. Si legge solo che “il Governo intende puntare sulla rete ferroviaria ad alta velocità”; e che “altri interventi riguarderanno la rete stradale e autostradale con un’attenzione particolare per ponti e viadotti”.

Sulla missione numero sei, relativa alla salute, si dice: “Il Governo indirizzerà risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario. Si investirà nella digitalizzazione dell’assistenza medica promuovendo la diffusione del fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina”.

Potremmo andare avanti per pagine e pagine, dato che tutto il piano è formulato in questo modo. Segnalo solo un’ulteriore chicca. Nell’ambito delle “politiche di supporto” all’economia, a proposito di tasse, si legge: “L’alleggerimento della pressione fiscale rimane una delle componenti più importanti del programma di governo. Il prossimo passo consisterà in una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta finalizzata a disegnare un fisco equo, semplice e trasparente”.

La fiera delle ovvietà, priva di qualsiasi indicazione concreta e intrisa, per di più, dei contrasti tra i partiti di maggioranza su sanità, infrastrutture, energia, sviluppo economico, tassazione.

Le domande da porsi, allora, prima di ogni altra considerazione, sono queste: si può valutare adeguato alla gravità della crisi un piano senza gambe, com’è quello inviato a Camera e Senato? Si può considerare all’altezza della situazione un Governo che avvia la “gestione” della cifra monstrum di 210 miliardi con slogan, frasi ad effetto e manifesti elettorali? Si può dire affidabile un Governo che chiama il Parlamento e le opposizioni a discutere sul nulla, quasi perculandole?

Aggiornato il 18 settembre 2020 alle ore 10:47