Menzogne indecorose sulla pandemia

Facile previsione: a breve, Giuseppe Conte chiuderà tutto, ben di più di quanto abbia già fatto con il decreto in vigore da oggi, come e più di quanto accadde nel marzo scorso. Lo chiedono molti cosiddetti “scienziati”, sottoscrittori di un documento destinato a Conte e Conte se ne farà solerte e fedele esecutore nei prossimi due o tre giorni. Non ci sono dubbi in proposito. Soltanto facendosi guidare dai virologi, soltanto alimentando un diffuso terrore fra la gente, soltanto facendo credere ciò che non è, Conte può infatti sperare di distogliere l’attenzione degli italiani dalle gravissime manchevolezze del suo Governo e della intera maggioranza in questa triste vicenda.

Dico subito ciò che non è e che invece viene giornalmente propinato come vero da tutte le televisioni e da tutti i giornali: la curva dei contagi non sale affatto, anche se si grida da ogni parte che essa si impenna ogni giorno che passa, cosa, questa, che è una indecorosa menzogna. Mi spiego: come ho scritto pochi giorni fa, se oggi – non domani, oggi – si potessero effettuare sessanta milioni di tamponi, cioè quelli necessari per tutti gli italiani, si troverebbero diversi milioni di positivi, dei quali il 95 per cento del tutto asintomatici. Infatti, stando ai numeri offerti dal ministero e riportati dai giornali, il rapporto approssimato per eccesso oggi è di circa dieci trovati positivi al virus ogni cento tamponi effettuati. Ne viene, per la logica stringente delle proporzioni, che su sessanta milioni di tamponi – l’intera popolazione italiana – i positivi sarebbero circa sei milioni. Bene, oggi ci sono già sei milioni di contagiati quasi tutti asintomatici i quali, indisturbati, passeggiano, lavorano, consumano al bar e si chiudono nelle case con i parenti e i familiari, molti dei quali non contagiati, contagiandoli. Queste non sono fantasie, ma numeri reali, che però vengono taciuti.

Ecco perché è ridicolo affermare che la curva dei contagi sale: non sale perché è già oggettivamente altissima e non può salire più di così. Ed ecco perché affermarlo, con leggerezza pari all’insipienza, è una indecorosa menzogna, che serve soltanto ad occultare le gravi omissioni del Governo. Ciò che davvero sale è invece la rilevazione strumentale di una curva di contagi che però già esistono di per sé: e non è affatto la stessa cosa. Infatti, se si adotta questa prospettiva, che è l’unica vera – secondo la quale i contagiati sono già circa sei milioni, di cui il 95 per cento asintomatico – allora cambia completamente il modo di vedere le cose. E valga il vero.

Bisogna smetterla con questa storia che la curva dei contagi sale: è falso. A salire è soltanto la rilevazione dei contagi, che è direttamente proporzionale al numero dei tamponi effettuati. Se si parte dai sei milioni di contagiati – già presenti a maggio ed ancora presenti oggi – la percentuale dei sintomatici non supera il 4 o il 5 per cento del totale. Di conseguenza, la percentuale dei ricoveri in ospedale è inferiore all’1 per cento del totale dei contagiati. La percentuale dei ricoverati in terapia intensiva è perciò inferiore allo 0,2 per cento del totale. Da ultimo, la percentuale dei decessi giornalieri è inferiore allo 0,1 per cento del totale, cioè una percentuale per nulla preoccupante.

Alcuni – e cioè i cosiddetti esperti (microbiologi, infettivologi, virologi) – obiettano che il problema consiste nel non far crescere oltremodo il numero dei ricoveri in terapia intensiva e, di conseguenza, il numero dei decessi. Vero. Ma questa preoccupazione non dipende dal numero dei contagiati, i quali, come già visto, sono già circa sei milioni (cioè molti ma molti di più di quanto televisioni e giornali dicano), ma dal numero delle postazioni di terapia intensiva operative nei vari ospedali, che sono del tutto insufficienti. E qui casca l’asino, anzi casca il Governo. E spiego perché. Infatti, non è che i posti di terapia intensiva manchino perché ci sono troppi malati gravi e perciò sono pieni, ma, proprio al contrario, sono già pieni proprio perché mancano. A non farli mancare doveva pensare il Governo nazionale – con la collaborazione dei governi regionali – nel corso dei sei mesi che son decorsi dal maggio scorso, quando ci si attendeva una seconda ondata di epidemia, puntualmente arrivata in ottobre: ma non lo ha fatto.  

E hanno un bel dire alcuni medici, lamentando che i loro reparti sia ordinari, sia di terapia intensiva, sono già saturi. Innanzitutto, dovrebbero essere evitati i cosiddetti “ricoveri sociali”, quelli cioè disposti per accogliere persone sole o nullatenenti, ma senza che si ravvisi una oggettiva esigenza clinica. Si badi: non mi passa per la testa di esortare ad abbandonare queste persone. Al contrario, bisogna averne cura: ci mancherebbe! E tuttavia, qui si evidenzia un altro grande deficit del nostro sistema, vale a dire l’assoluta mancanza di una sufficiente assistenza domiciliare, a causa della quale vengono ricoverate persone malate ma non gravi e che potrebbero benissimo essere assistite a casa loro, senza ingolfare i letti di un ospedale.

In seconda battuta, va detto che se il Governo avesse pensato per tempo – cosa che non ha fatto – ad aumentare i posti di terapia intensiva, oggi non ne avremmo penuria. Né si dica che manca il personale per far funzionare le postazioni di tale terapia: un tecnico operativo si può ben formare in sei mesi, ma il Governo non ha neppure tentato in tal senso. Queste osservazioni non sono del tutto mie, ma in parte assunte da una intervista apparsa sul Corriere della Sera del 24 ottobre scorso, a Giorgio Palù, già ordinario di Microbiologia all’Università di Padova. Non solo. Palù aggiunge che i contagiati, che appunto sono milioni, non possono essere reputati, se asintomatici come lo è il 95 per cento, dei “malati” in senso tecnico, proprio in quanto non soffrono di alcun disturbo; e che non tutti i contagiati sono peraltro contagiosi, perché potrebbero avere cariche virali basse, rilevabili dalla strumentazione, ma inidonee al contagio. Palù conclude affermando che il virus è certo assai diffusivo, ma, tenendo conto dei numeri reali come vanno letti e capiti, non è particolarmente letale. “Non è la peste” e dunque “dobbiamo porre un freno a questa isteria”, che finisce con il rallentare i ricoveri degli altri malati (oncologici, cardiopatici), favorendone un aggravamento che li conduce alla morte.

Preoccupazioni simili sono state espresse giorni fa dal dottor Vincenzo Panebianco, primario di Chirurgia oncologica presso il San Vincenzo di Taormina, il quale – ricordando che ogni anno in Italia muoiono ben 180mila malati di tumore, cioè sei volte di più dei decessi dovuti alla pandemia – ha denunciato che i suoi pazienti, visitati nel febbraio scorso, ritornati in ospedale in giugno, erano a volte ormai inoperabili, in quanto colpiti da diverse metastasi tumorali sviluppatesi durante il blocco sociale imposto dal Governo per il virus: in sostanza,  ne sono morti di più per tale causa che per la pandemia. Bello, no? Per salvare alcuni dal virus, ne mandiamo a morte altri, di nulla colpevoli, se non di essere affetti da un tumore o da altre gravi patologie non curate. 

Tranquilli: non vedrete mai Palù o Panebianco su una televisione nazionale, per il semplice motivo che le loro opinioni non sono collimanti con i desideri del Governo che invece coincidono con quelli dei mezzi di comunicazione. Entrambi, infatti, hanno bisogno di mantenere alto il livello di preoccupazione degli italiani – al limite e oltre il limite della paura – per occultare le proprie omissioni, il primo; per lucrare i riscontri economici di ascolti elevati, i secondi. E perciò il Governo, per ovviare operativamente alla propria assoluta deficienza politica ed organizzativa, chiude bar, ristoranti, trattorie, pizzerie, cinema, teatri, musei; ma lo fa così, tanto per fare invece di non fare, perché tutti capiscono che sono rimedi inutili. Ma il danno così prodotto non solo alle tasche, ma alla vita stesse delle persone è enorme e non rimediabile. E purtroppo ce ne accorgeremo fra qualche mese.

Chiudo con due notazioni. La prima: sarebbe ora che i virologi e i medici si limitassero a fare il loro mestiere, senza fare da suggeritori al Governo e senza firmare appelli per adottare misure della cui gravità non si rendono conto fino in fondo, anche per evitare di offrire alibi ad un governo che non li merita. Codesti esperti incarnano forse l’immagine coniata da Max Weber, per il quale un esperto è “uno che sa sempre più cose su sempre meno cose, fino a sapere tutto di nulla”; o, se si preferisce, l’altra equivalente – di cui non rammento la paternità – secondo la quale “gli esperti sanno tutto, ma non capiscono nulla”. Non a caso, Paul Valéry annotava che “l’esperto è uno che sbaglia, ma secondo le regole”, come appunto molti dei nostri bravi virologi. La seconda notazione: non mi si dica che sono “negazionista”. Rivendico il titolo contrario di “affermazionista”, che io solo credo peraltro di possedere: ho appena affermato, infatti, e qui lo riaffermo, andando ben oltre i numeri di stampa e televisione, che in Italia abbiamo ben sei milioni di contagiati. Oggi, non domani.

Aggiornato il 27 ottobre 2020 alle ore 10:23