Quando l’abuso di parole nasconde un vuoto politico

La politica, si sa, è l’arte del possibile. Ma anche del parlare e dell’uso di esternazioni motivate da una retorica che vuole convincere e vincere. Il discorso di Giuseppe Conte ai deputati, prima di quello ai senatori che indubbiamente ne sarà un doppione, ha svelato i veri limiti dell’attuale premier. Naturalmente la suspense, non riguardando il voto per via di una garantita maggioranza, è riferita alla qualità del discorso stesso, il cosiddetto the premier’s speech, un mix di contenuto e forma che, da che mondo è mondo, costituisce il punto di riferimento e di giudizio per maggioranze e minoranze. Lo speech di Conte contiene i difetti e le limitazioni politiche di un personaggio emerso casualmente in un mondo a lui sconosciuto, e mai da lui praticato, ma che in poco tempo lo stesso ne ha afferrato l’attuale importanza, soprattutto per la propria sopravvivenza a tutti i costi. Il meglio tirare a campare che tirare le cuoia del leggendario Giulio Andreotti (al complesso protagonista di una lunga storia italiana ha dedicato un ottimo libro, riveduto e ampliato, Massimo Franco) è diventato una sigla dei governicchi e, al tempo stesso, il marchio dei loro presidenti, indipendentemente dal fatto che provengano o meno dalla società politica o civile. Nel caso di Conte, è evidentissima la vera professione di avvocato che avvolge a mo’ di toga i suoi interventi, anche i più occasionali. E le parole, i giri di frase, le circonlocuzioni, i messaggi sottesi si inanellano nella logica della difesa del proprio cliente, cioè di sé medesimo, concedendo poco spazio alle modalità di attacco che, proprio nei discorsi a proposito dell’avversario Matteo Renzi, si attengono a una critica comunque repulsiva ma cauta. Senza cambi di tono, senza i cosiddetti a fondo necessari in una sfida del genere.

Ma siccome la forma è sempre la veste di un contenuto e si fonda nella sua sostanza, il giudizio che ne deriva, nel nostro caso, è di una conclamata modestia per l’assenza di proposte effettive messe in evidenza dalla continua insistenza nell’autodifesa, nella riproposizione del “lavoro fatto per il Paese” e, dunque, della insostituibilità del proprio Governo a fronte di una emergenza alla cui gravità contribuisce la crisi provocata da Italia Viva. L’argomento di fondo, l’epidemia stessa e i rimedi del Governo, viene assorbito e diluito nella tecnica ben nota e più volte citata del manzoniano “lenire e sopire, allontanare il fuoco dalla paglia” e di cui Conte è impareggiabile praticante. E le parole che usa ne confermano la continuità della quale la stessa difesa dell’alleato Partito Democratico, (del M5S si dovrebbe dire che di un bel tacer non fu mai scritto), alterna agli elogi sperticati gli inviti a quel mitico cambio di passo che è diventato una parola d’ordine per gli uni e per gli altri. In modo particolare per Giuseppe Conte. Le parole, dunque, diventano la chiave d’accesso ad un contenuto puramente difensivo con la finalità del ribaltamento del significato nel suo opposto, o nel suo uso strumentale, come se il sostanziale immobilismo si tramutasse in una corsa, dove gli ostacoli di renziani e opposizioni ne impediscono un successo che, comunque, giungerà purché la continuità di Conte sia garantita dai responsabili o costruttori che dir si voglia. E la parola sempre usata di voltagabbana è elevata nel suo opposto di responsabili, come se fosse una questione di parole.

Immobilismo declinato come l’immobilità da altri provocata è il gioco di parole che contraddistingue questa crisi, esattamente come il lavorìo intenso di promesse ma riservato nel conteggio e dietro le quinte, per assicurare i voti di maggioranza, diventa per Conte un leale e limpido richiamo alla gente di buona volontà per non precipitare nel baratro aperto da Renzi. Al contrario, la crisi ha le sue motivazioni, con tutta evidenza, dalla inadeguatezza di Conte nella gestione di una epidemia che ci vede al primo posto nel mondo per i morti. Il fatto è che le parole sostituiscono i fatti. Ma quelle volano, questi restano.

Aggiornato il 19 gennaio 2021 alle ore 11:10