Confini, muri e libertà

Anche le mitissime Nazioni baltiche e la civilissima Danimarca hanno firmato la lettera spedita a Bruxelles con la richiesta di “finanziare in via prioritaria ed in modo adeguato le barriere fisiche ai confini, definite un’efficace misura di protezione nell’interesse dell’intera Ue e del funzionamento dell’area Schengen” (Ansa, 9 ottobre 2021). La Commissione Ue ha risposto picche, “non con i nostri soldi”, che poi sarebbero sempre “i soldi comuni dell’Ue”, non “i loro”. Insomma, ogni Stato costruisca di tasca propria le barriere, dai muri al filo spinato, per arginare gl’immigrati senza invito, così in generale: dai perseguitati ai senza lavoro.

Questa lettera ha fatto insorgere molte anime belle annidate nella politica, nell’intellighenzia, nelle organizzazioni non governative, nelle sacrestie. “No! I muri no. Le frontiere devono restare aperte. L’accoglienza è un dovere morale”. Ma la domanda è: “A prescindere?”. Tra le stravaganze dell’Unione europea annoveriamo anche il fatto che l’Unione ha per confini i confini degli Stati che la compongono, i quali confini però non sono i confini dell’Unione medesima. Sicché ogni Stato conserva il diritto di proteggere i propri specifici confini come gli pare, purché a sue spese.

La Ue è una confederazione. Gli Stati confederati godono della sovranità nazionale per tutto ciò che esula dai trattati di confederazione. Per esempio, hanno Forze armate autonome e possono muovere guerra in piena indipendenza. Biasimarli perché esercitano la sovranità equivale a criticare la politica interna di uno Stato straniero. Ma accusarli di violare i diritti umani (secondo la terminologia corrente) ovvero la libertà tout court (secondo l’esagerazione del radicalismo) perché proteggono le frontiere significa mistificare la realtà, cioè “la verità effettuale” di Machiavelli, e preparare un male nella convinzione di perseguire il bene o un bene superiore.

Hanno preteso di basare il biasimo e le accuse su un certo liberalismo mal digerito, al punto di sostenere che, analogamente al libero scambio e alle frontiere aperte ai commerci, il confine statuale deve restare pervio all’immigrazione, sotto pena di contraddire l’essenza liberale dello Stato che decidesse di chiuderlo anche materialmente con barriere insormontabili. Gl’immigrati illegali come merce d’importazione? La libertà di movimento non è un diritto assoluto, ma dipende dallo Stato dove si esercita, così come il diritto di emigrare, a cui non corrisponde il dovere di accogliere, che gli Stati liberali riservano ai perseguitati altrove. La stessa cittadinanza è espressione del potere sovrano. Sono verità di per sé evidenti che risultano viepiù vere considerando le conseguenze disastrose che si verificano prescindendone nel governare gli Stati. La morale individuale della compassione umana risale almeno a Confucio, che la formulò cinque secoli prima di Cristo quasi con le identiche parole del Vangelo: “Ama il prossimo tuo come te stesso e non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te”.

Tuttavia, la morale individuale non regge il vaglio politico di un’etica pubblica funzionante. Liberale oppure no come ordinamento, lo Stato che non signoreggia i suoi confini si snatura, si procura il disordine all’interno e il discredito all’estero, mostrandosi alla mercè degli stranieri. Accogliere tutti e confini aperti hanno niente a che fare con il liberalismo. Una dittatura che accetta tutti indistintamente non può solo perciò essere qualificata liberale così come non diventa illiberale lo Stato che rifiuta di accogliere tutti indiscriminatamente.

Aggiornato il 12 ottobre 2021 alle ore 09:13