Sciogliere o non sciogliere, è questo il problema?

Nella sua esternazione alla Camera dei deputati la ministra Luciana Lamorgese ha detto: “Riguardo lo scioglimento di organizzazioni a carattere eversivo è doveroso rilevare come si tratti di un tema di eccezionale rilevanza politico-giuridica di estrema delicatezza”. Vero, verissimo. E così la ministra l’ha rinviato a Mario Draghi.

L’onorevole Giorgia Meloni la ascoltava, dopo aver a modo suo “aggredito” la questione dei disordini con Forza Nuova e relativi pestaggi in un vero e proprio scontro con la ministra, a proposito del quale qualcuno potrà affermare che, per lo meno, è servito a rendere addirittura plateale l’insufficienza del ministero degli Interni e, soprattutto, della sua responsabile. Non solo, ma sempre da quello scontro è emerso ciò che sembrava sommerso nell’eccitazione del momento ovvero, come si è accennato, il grande tema-problema della messa fuori legge di un movimento politico. Concordiamo a tal proposito con Carlo Nordio, secondo il quale sciogliere Forza Nuova non eliminerà i raid violenti. È sembrato un salto all’indietro agli anni Settanta, alle violenze di quel periodo di scontri e di omicidi, alla strategia della tensione. Ma, domandiamoci: le cose, oggi, stanno davvero così? Siamo minacciati dalle violenze di un redivivo Ordine nuovo? E ci sarebbe un cervello diabolico che ne stabilisce la strategia?

È indubbio che il sabato nero “no pass” a Roma è stato causato dai disordini e dalle violenze seguite a una manifestazione pacifica e che i responsabili dell’assalto e della devastazione alla Cgil sono facilmente identificati in una sorta di banda politica (Ordine nuovo) capeggiata da uno scamiciato Giuliano Castellino. Le sue imprese erano riprese in diretta tv e non vi è stato bisogno di alcuna indagine. Ma la spiegazione, da parte del ministro, dei disordini e della violenza è apparsa volutamente soft e comunque superficiale, a causa di una clamorosa insufficienza di analisi, anche a proposito di arresti o di fermi non ordinati, a cominciare da quello di Castellino, “per non provocare disordini”. Ora, che il ministro responsabile dell’ordine pubblico abbia paura di uno squallido Castellino è la netta sensazione suscitata da una Lamorgese contro la quale s’è scagliata una scatenata Meloni, non solo per quella disastrosa gestione dell’ordine pubblico.

L’accusa meloniana, e qui l’evocazione degli Anni di piombo s’è avvertita, e non meno grave, ipotizzando un disegno del ministro di avere lasciato degenerare la manifestazione “no pass” allo scopo di mettere in luce il ruolo dei neofascisti con l’obiettivo politico di indebolire Fratelli d’Italia. Insomma, una tecnica studiata a tavolino ispirata, appunto, alla strategia della tensione, termine questo che Giorgia Meloni ha richiamato dagli anni Settanta, secondo noi sbagliando. Perché l’accusa della Meloni, fuori da ogni emozione ed eccitazione del momento, sarebbe molto meglio motivata non per qualsiasi disegno o strategia, anche la più strampalata, della Lamorgese, ma per l’assenza più che evidente di un suo qualsiasi disegno.

Aggiornato il 15 ottobre 2021 alle ore 09:12