G-20: Draghi si inchina al “gretismo” mirando al nucleare?

E se i “folli” inchini dei leader euro-occidentali – e italiani – ai dogmi e alle ricette del gretismo globale, evidenti al G20 di Roma dello scorso fine settimana – e in questi giorni al Cop26 di Glasgow – nascondessero un abile e teatrale gioco delle parti? Se ci fosse cioè una logica e un’agenda coperta, che mira a uno sviluppo del nucleare, dietro la loro apparente “follia”?

C’è da chiedersi: come è possibile che i leader del mondo e persone serie come Mario Draghi si inchinino a una ragazzina come Greta Thunberg e all’infantile movimento apocalittico e millenaristico di salvezza collettiva che le sta attorno? Possibile che non si accorgano del ridicolo in cui cadono inchinandosi agli insostenibili e irrazionali dogmi di quella nuova religione laica? Possibile che non si accorgano degli obiettivi anti euro-occidentali dei suoi chierici? Non li hanno uditi affermare che i Paesi occidentali devono “espiare” per i loro peccati ambientali del passato e pagare la massima parte dei costi della decarbonizzazione globale? Non hanno capito che con l’operazione Green New Deal gli ecologisti radicali mirano soprattutto a dare un colpo alle economie occidentali?

Il sospetto che quei leader sappiano bene tutto questo e abbiano un’agenda coperta e obbiettivi diversi proviene dall’evidente irrealismo dei principali dogmi e convinzioni di quella nuova religione laica anti-occidentale, divenuta mainstream e pilastro del pensiero unico politicamente corretto. Irrealistico è il suo presupposto e cioè l’esistenza del pericolo di una imminente catastrofe mondiale che è invece – secondo molti scienziati – molto dubbia e per molti di loro da escludere del tutto. Incerta è anche la loro diagnosi: la Comunità scientifica non è unanime ed è anzi sempre più scettica sulla tesi che il riscaldamento globale sia significativamente determinato delle emissioni umane di Co2. Irrealistica è anche la sua terapia: la decarbonizzazione totale delle attività umane “entro o attorno la metà del secolo” è, infatti, materialmente impossibile e, inoltre, sono del tutto fantasiosi gli effetti che da essa si attendono: l’uomo non è in grado di regolare il clima del pianeta e un improbabile contenimento del riscaldamento globale (a +1,5 gradi) sarebbe percepibile solo tra un secolo- secondo i climatologi.

L’irrealismo di quelle tesi viene aggravato da un’apparente assenza di una seria analisi costi/benefici del “Green New Deal”. Ogni analisi di questo tipo mostra infatti che i costi dell’operazione sarebbero certi e giganteschi, tanto da provocare sconvolgimenti finanziari economici e sociali mentre i benefici reali sarebbero incerti e minimali. I costi sarebbero insostenibili in particolare per i Paesi europei, che sembrano voler giocare il ruolo dei primi della classe nella decarbonizzazione. Sono gli unici al mondo a essersi posti un obbiettivo intermedio: riduzione del 55 per cento delle emissioni di Co2 entro il 2030. Una follia. Mi limito a citare Romano Prodi: “Perseguire il primato nei tagli alle emissioni al 2030, può far perdere all’Europa quello della crescita e della competitività”. I leader europei programmano dunque il suicidio dell’Europa?

In particolare i Paesi che, come l’Italia, hanno rinunciato al nucleare si vedrebbero penalizzati anche nei confronti di Paesi, come la Francia ed altri Stati europei, che invece hanno centrali nucleari e stanno sviluppando nuove tecnologie nucleari. Queste ultime, che non emettono Co2, sono infatti una delle alternative realistiche (attualmente la più realistica) non solo alle fonti fossili (carbone, petrolio e gas), ma anche alle fonti rinnovabili (solare e eolico). Queste ultime – come tutti sanno – non possono essere, per varie ragioni (discontinuità di erogazione, necessità di limitati e costosi immagazzinamenti, consumo eccessivo di territorio) l’unica fonte energetica per alimentare una società industriale, come pretenderebbero i chierici del movimento ecologista radicale che sono pregiudizialmente avversi al nucleare e sponsorizzano solo pannelli solari e pale eoliche. Allora, come si spiega l’apparente irrealismo e l’apparente ingenuità di leader politici mondiali e in particolare europei che, certamente, dispongono di consiglieri scientifici e tecnici di alto livello? Eppure, gente come Mario Draghi e il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, sono normalmente molto realisti e ben informati. Certo si può capire che davanti a un movimento diffuso a livello globale come il gretismo, che si avvale ormai della capacità sanzionatoria del pensiero unico politicamente corretto, ormai egemone nei media e nell’opinione pubblica, non sia opportuno né saggio contrastarlo e farsi isolare e travolgere dalla sua cieca e impersonale potenza. Sarebbe come fare un donchisciottesco attacco ai mulini a vento.

Non rimane che pensare che quei leader abbiano un’agenda non ufficiale che si proponga di utilizzare la cieca potenza della religione ecologista globale per promuovere in Europa e in Italia, cogliendo l’occasione e il pretesto della decarbonizzazione, un ricorso a nuove tecnologie (alternative anche a quelle rinnovabili) come l’idrogeno verde e quelle nucleari (entrambi esenti da emissioni carboniche). Ciò ridurrebbe la dipendenza soprattutto dal carbone e dal petrolio (entrambi ad alto contenuto carbonico) e anche, in minor misura, dal gas (a minore contenuto di Co2). Per l’Italia sarebbe un salutare superamento del catastrofico tabù anti-nucleare imposto nei decenni passati dal movimento ecologista e dai due sfortunati referendum del 1987 e nel 2011, capitati proprio in coincidenza con gli incidenti nucleari di Chernobyl e Fukushima. Ci sarebbero poi le nuove tecnologie capaci di catturare l’anidride carbonica nell’aria, che eviterebbero costose e traumatiche riconversioni industriali. Per l’Europa la riduzione della dipendenza dal petrolio (e in minor misura dal gas) e, quindi anche dai Paesi esportatori di quelle fonti energetiche, avrebbe evidenti e positive implicazioni geopolitiche. Questa ipotesi sembra confermata da alcuni fatti.

In primo luogo, lo stesso Draghi ha dichiarato che le fonti rinnovabili non sono sufficienti e ha citato in alternativa le “tecnologie innovative” per catturare la Co2 nell’atmosfera. In secondo luogo, nelle ultime deliberazioni europee sul Green New Deal continentale il nucleare viene esplicitamente riammesso come fonte no-carbon cui far ricorso per le politiche climatiche. Inoltre, il ministro italiano Cingolani insiste spesso sulla necessità di un ricorso alle nuove tecnologie e qualche settimana fa accennò alla possibilità di sviluppare in Italia dei piccoli reattori nucleari (Smr) suscitando fiere rimostranze tra i vecchi e nuovi fanatici dell’apocalisse.

È una ipotesi che è destinata a tornare nel quadro di una probabile strategia dei centri decisionali europei che mira a utilizzare le irrazionali paure e superstizioni diffuse dai fanatici dell’apocalisse per favorire una nuova rivoluzione tecnologica, che non esclude uno sviluppo del nucleare che per l’Italia sarebbe un auspicabile ritorno alla ragione.

Aggiornato il 03 novembre 2021 alle ore 10:22