Trattato del Quirinale, timori infondati

Finalmente è arrivata la data per la firma dell’accordo bilaterale tra Francia e Italia denominato “Trattato del Quirinale” in omaggio al lavoro svolto dal presidente Sergio Mattarella per favorire i negoziati. L’accordo, i cui contenuti non sono ancora noti nei dettagli, andrà a migliorare la cooperazione tra i due Paesi su un’ampia serie di tematiche.

Il riserbo sul testo ha generato le prime critiche da parte di alcuni ambienti politici che hanno lamentato l’estromissione del Parlamento dalla conoscenza dello sviluppo dei lavori. Dimenticano costoro che negli accordi bilaterali il Parlamento non è mai coinvolto prima della sottoscrizione ma interviene successivamente, in sede di legge di autorizzazione alla ratifica, ove a seguito di un approfondito dibattito può esprimersi anche in modo negativo. È successo molte volte, numerosi accordi sottoscritti con la Cina da tempo giacciono nei cassetti delle Commissioni parlamentari e non entreranno mai in vigore. Il Parlamento è centrale per la ratifica degli accordi e se ritiene che il trattato con la Francia non sia coerente con gli interessi italiani ha gli strumenti per bloccarlo. Il problema, pertanto, non esiste.

Oggi il presidente del Consiglio, Mario Draghi, apporrà la propria firma sull’intesa al fine di favorire il coordinamento tra i due Paesi nella politica estera, europea e immigratoria, nei settori difesa, sicurezza, ambiente, istruzione e nelle strategie economiche. Il documento si compone di un lungo preambolo sui valori e gli obiettivi comuni e di 12 capitoli tematici. Lo completa un allegato recante le modalità applicative per raggiungere gli obiettivi prefissati mediante riunioni congiunte dei Consigli dei ministri o dei singoli dicasteri, per agevolare la ricerca di posizioni comuni.

Per quanto riguarda la politica estera e della difesa verrà implementata la visione strategica comune che già esiste sulla questione Libia, dove entrambi i Paesi sostengono il Governo attuale ed entrambi hanno l’interesse a riprendere il controllo del Mediterraneo fuori da interferenze turche e russe. Anche nell’Africa sub-sahariana già da tempo i due Paesi hanno condiviso campi e strategie, sia in Niger che in Mali e Mauritania nel contesto della difficile missioneTakuba” per contrastare reti terroristiche e traffici di migranti.

Di fatto l’accordo replica quello franco-tedesco denominato Trattato di Aquisgrana e, oltre ad avere una grossa influenza politica all’interno dell’Unione europea, potrà costituire un’occasione per il nostro Paese di avere maggiore influenza sullo scacchiere mondiale. Abbiamo sempre temuto l’alleanza franco-tedesca e ora che l’Italia finalizza analoga intesa si solleva la preoccupazione del rischio di finire sotto l’influenza francese, quando già le economie dei due Paesi sono caratterizzate da forte interdipendenza. Di solito gli accordi sono sinallagmatici, nel senso che ne derivano stessi obblighi e benefici per le Parti che li sottoscrivono, a meno che una delle due sia incompetente o traditrice. Non sembra il caso dei tre presidenti del Consiglio che hanno condotto la negoziazione dal 2017 a oggi, unitamente ai loro ministri e a tutti gli sherpa – diplomatici e dirigenti ministeriali – che vi hanno lavorato.

Auspichiamo, invece, che la vicinanza culturale che unisce la Francia all’Italia maggiormente rispetto alla Germania possa costituire un modello ancor più influente, tale da poter invertire il progressivo indebolimento delle politiche nazionali di fronte alla centralità di Bruxelles.

 

 

Aggiornato il 27 novembre 2021 alle ore 09:47