Lettera al direttore sulla guerra

Le perplessità che sollevano da varie parti circa la guerra, quando non sono pretestuose, possono persino apparire comprensibili. Giustificabili, no. La guerra questo fa: costringe a scegliere, ma riduce la scala delle opzioni ad un’alternativa secca. Ai lettori e ai giornalisti dell’Opinione che in sincerità manifestano dubbi sulla giusta condotta, morale e materiale, da tenere verso gli eventi bellici che angosciano tutti; agli amici del nostro giornale, piccola bandiera del liberalismo che ancora garrisce orgogliosa sul panorama italiano; ai critici che dissentono e agli ipercritici che dileggiano; vorrei dire a tutti che questa guerra non è stata dichiarata per interessi economici, i soldi, ma per politica di potenza, la più bieca, la più inutile, la più distruttiva. È una guerra implausibile e incomprensibile. Chi ne cerca le cause trova solo pretesti. In questa guerra la posta in gioco non sono le risorse degli Ucraini, ma il loro e nostro modo di vivere.

Questo è il primo punto da considerare nel giudizio, che, a guerra in corso, dev’essere tuttavia pure storico, in un certo senso. Anche i titubanti, gli scettici, i freddi, i contrari non possono negare l’evidenza incontestata ed incontestabile: gli Ucraini esercitano eroicamente la legittima difesa contro i soldati russi. Vladimir Putin avrebbe torto pure se stesse facendosi giustizia a buon diritto. Sarebbe sempre un esercizio arbitrario delle proprie ragioni, un illecito secondo leggi comuni. Inoltre Putin, mandante dell’omicidio di suoi oppositori, perpetrato in patria e all’estero, è un pregiudicato per reati di violenza contro individui, popoli, nazioni.

Il secondo punto da considerare è tanto scivoloso quanto ipocrita: l’orrore per i morti innocenti. Come possono le anime belle trascurare che i morti ucraini sono morti in connessione, in occasione, in conseguenza dell’aggressione dei Russi? A quale coerenza logica risponde l’equiparazione degli assassini agli assassinati, chi infierisce e chi subisce? E come appagarsi del “tanto in guerra le vittime civili sono inevitabili, appartengono ai danni collaterali?”. Non conta niente o conta poco che militari e civili ucraini stanno morendo per conservarsi liberi e indipendenti? Non sono ammirevoli già solo per questo, come lo fummo noi nella Resistenza, in armi e senz’armi, contro gli oppressori nazifascisti?

Il terzo punto concerne la domanda se la guerra ci riguardi oppure no, in quanto Italiani ed Europei. La risposta è sì. La guerra coinvolge anche noi, non solo perché stiamo fornendo le armi, in ogni senso, ai combattenti ucraini e gli aiuti, in ogni senso, ai civili ucraini, ma soprattutto perché è stata aggredita una nazione confinante, che i Russi tentano di distruggere per asservirla e pretendono di asservirla perché vuole allearsi a noi e vivere come noi e non come gli aggressori. L’Ucraina non è alleata nella Nato né associata nella Unione europea eppure è nostra amica, che vuole assomigliarci. Gli amici non aiutano gli amici e i vicini nel bisogno?

Il quarto punto, da ultimo ma non l’ultimo, coinvolge l’essenza della guerra, cioè lo scontro di civiltà. Sì, civiltà! Parola grossa ma indispensabile. La cultura russa appartiene all’Occidente libero. La politica russa appartiene invece al dispotismo asiatico. Questa stupefacente divaricazione secolare tra cultura e politica mostra una delle più potenti aporie della storia mondiale. Noi Occidentali, mentre dobbiamo vergognarci in eterno di aver figliato le abiezioni del nazismo e del comunismo, possiamo vantarci per sempre di aver generato pure la civiltà liberale, Atene e la Repubblica romana, la Gloriosa Rivoluzione britannica, la Costituzione americana, la Costituzione francese del 1789: tutti pilastri della società aperta fondata sul diritto. Per quanti misfatti ed errori possiamo aver commesso noi Occidentali nel corso degli avvenimenti, resta inoppugnabile che la nostra vita è migliore, più libera e più prospera.

Stare oggi con l’Ucraina contro la Russia significa perciò stare dalla nostra parte, la parte migliore della storia umana, la società libera e democratica. E soprattutto significa stare dalla parte della vera pace. “Pax est tranquilla Libertas”, insegna Cicerone. Difendendo le ragioni dell’Ucraina e il popolo ucraino difendiamo le nostre ragioni e noi stessi. Perciò, lettori e giornalisti dell’Opinione, non diffondete dubbi, neppure per liberarvi da incertezze politiche ed assilli personali. È tempo di retta coscienza e fede certa nella giusta battaglia. Anche il vostro individuale contributo aiuta a vincere la “nostra guerra”. Come disse Winston Churchill, “nessuno può garantire il successo in guerra, può solo meritarlo”.

Aggiornato il 09 aprile 2022 alle ore 09:13