Meloni non ha responsabilità, soprattutto per la Legge di Bilancio

La “Legge di Bilancio” è ora al centro della cattiva informazione italiana, che getta il can per l’aia ipotizzando una sorta di arma in mano a Giorgia Meloni. Qualche pennivendolo ignorante di leggi ha pure scritto che la leader di Fratelli d’Italia la starebbe “perfezionando a quattro mani con Mario Draghi”. La “Legge di Bilancio”, con buona pace dei vari fantasisti, è di totale competenza del Governo in carica e uscente. Eventuali modifiche al “reddito di cittadinanza” o aiuti alle famiglie su bollette e tasse potranno trovare valutazione nelle manovre del prossimo Esecutivo, non prima del febbraio 2023.

Guido Crosetto, consigliere economico di Giorgia Meloni, ha semplicemente detto che la prima “Legge di Bilancio” del prossimo Governo potrebbe essere scritta consultando il ministro uscente, Daniele Franco. E questa è prassi consolidata della democrazia italiana: nel 1954, l’economista Giuseppe Medici doveva occuparsi della revisione dell’imposta sui terreni (fondiaria) nel Governo Scelba. Obtorto collo, dovette consigliarsi con Amintore Fanfani (predecessore all’Agricoltura e autore della “riforma agraria” per conto di Alcide De Gasperi). Fanfani e Medici collaborarono nonostante le ostilità di corrente Diccì e il carattere ostico dell’aretino, al punto che il “Piano verde Fanfani” assurgeva a biglietto da visita italiano nella futura Pac (Politica agraria comunitaria).

Nel susseguirsi dei governi democraticamente eletti, c’è sempre una collaborazione per rendere coerente il prosieguo dei provvedimenti, soprattutto in materia di coperture di bilancio. E che governare sia un atto concertativo emerge anche dalla collaborazione già offerta da Matteo Renzi in materia di lavoro, previdenza e giustizia. Una mano tesa dal centro (Matteo Renzi-Carlo Calenda) che potrebbe rivelarsi utile anche a consolidare i rapporti interni tra Fratelli d’Italia, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Quindi, astuzia vuole che la prossima “Legge di Bilancio” Giorgia Meloni debba scriverla a dieci mani, onde scongiurare la “tempesta perfetta” improvvidamente annunciata da Calenda (si mormora che Renzi abbia pestato un piede e dato una gomitata al suo socio). Questo perché la stessa Meloni sa che è l’unico modo per non farsi mettere nell’angolo dalle note dell’Unione europea, che potrebbero mettere in discussione l’uso italiano del Pnrr, obbligando il Bel paese a immediati rientri. E con modi non dissimili da quelli che usa una banca con un cliente non in buona salute economica. Queste forme di condivisione e allargamento delle responsabilità politico-economiche sono già state larvatamente suggerite dalle cancellerie europee.

In pratica, le sponde di Draghi e Renzi potrebbero neutralizzare le ritrosie anti-destra della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde e del vertice della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Guido Crosetto ha giustamente affermato: “Da tecnico ricordo che la Legge di Bilancio va mandata a Bruxelles il 16 ottobre. Quindi, il nuovo Governo avrebbe un giorno per farla. Per questo motivo, credo che dovremmo lavorare a una interlocuzione tra il vecchio Governo e i nuovi eletti”. Insomma, “lavorare a quattro mani”.

Ma Crosetto sa bene che la responsabilità della legge inviata a Bruxelles entro ottobre è del Governo uscente, che certo ascolterà chi ha vinto le elezioni: parimenti, Daniele Franco sarà cordialmente a disposizione per la prossima legge di copertura che vedrà la responsabilità del prossimo Governo. “Rispettare la cornice macroeconomica della nota di aggiornamento al Def” (Documento cornice della Legge di Bilancio) significa anche calmierare gli obiettivi programmatici della campagna elettorale. Perché nessun Governo potrebbe mai abolire tasse o dimezzare le bollette: certe magnanimità erano possibili nelle monarchie assolute, oggi ci sono interconnessioni diverse e internazionali.

Giorgia Meloni non può fare miracoli per accontentare la pancia dell’elettorato. Certamente, tenterà di trovare nelle pieghe di bilancio dei capitoli che leniscano inflazione e pressione fiscale. Del resto, anche Salvini e Berlusconi sono consapevoli che evidenti scostamenti di bilancio favorirebbero una nuova impennata dello spread e, soprattutto, quelle telefonatine indigeste al Colle di certi poteri bancari europei e internazionali. Quindi, più che mettere mani alla “Legge di Bilancio” di Draghi, Fratelli d’Italia prevede all’atto d’insediamento un decreto (che non desti scostamenti di bilancio) per agevolare le imprese familiari in difficoltà: panetterie, officine, tassisti, sartorie, piccole imprese artigianali e commerciali.

Per dirla in soldoni, quella di Giorgia sarà una rivoluzione dei piccoli passi, ma questa non vuole certo essere una allusione alla “lunga marcia” di Mao Tse-tung. Anzi, consigliamo a Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni d’offrire a Renzi la presidenza della Camera, così da blindarsi democristianamente da eventuali aggressioni del Partito Democratico.

Aggiornato il 30 settembre 2022 alle ore 09:54