Ischia: occorre andare alle radici dell’abusivismo di massa

Per la tragedia di Ischia i commentatori stigmatizzano giustamente, oltre all’incuria pubblica per il territorio, l’abusivismo di massa diffuso – soprattutto nell’Italia del Sud – e i condoni massivi che di quell’abusivismo sono stati la conseguenza altrettanto sciagurata. In pochissimi riflettono sulle ragioni di quegli abusi, tanto massicci da rendere difficili politicamente, e spesso anche impossibili praticamente, i controlli delle autorità che sovente hanno chiuso, per opportunità o necessità, entrambi gli occhi. Mi chiedo se all’origine di quegli abusi di massa non si debba rilevare l’eccesso di dirigismo, vincoli, divieti e autorizzazioni che da tempo caratterizzano la legislazione e la regolamentazione italiana in materia di edilizia.

Occorre risalire fino alla filosofia dirigista dei piani regolatori, che hanno confinato in ambiti territoriali troppo ristretti la cintura urbana delle città, facendo salire alle stelle il prezzo dei suoli interni (e delle abitazioni cittadine). Da un lato, incentivando le speculazioni edilizie e, dall’altro, vietando, grazie all’attribuzione degli oneri di urbanizzazione a totale carico dei Comuni, ogni costruzione anche modesta e unifamiliare al di fuori della cinta urbana, pure nelle aree limitrofe a pochi metri di distanza da aree altamente edificabili. A questo dirigismo burocratico e al “vincolismo” eccessivo è da attribuire almeno una parte dell’abusivismo massiccio che si è verificato in tutta Italia e, in particolare, nel Meridione.

Quella legislazione deve essere giudicata negativamente non solo perché illiberale ma perché, come le proverbiali gride manzoniane, ha creato di fatto conseguenze opposte a quelle che intendeva perseguire in teoria. In pratica, ha anche favorito (e forse non a caso) il finanziamento occulto dei partiti che, attraverso i piani regolatori e le successive varianti, erano arbitri nello stabilire quali proprietari di suoli potevano arricchirsi e quali restare con un pugno di mosche, cioè proprietari di terreni agricoli o di “verde pubblico” dove non si poteva costruire nulla, a pochi metri dai “fortunati” proprietari di suoli altamente edificabili.

Aggiornato il 01 dicembre 2022 alle ore 09:03