L’ammazzo, poi forse lo sposo

Quando la politica si faceva con la politica, Elly Schlein sarebbe stata solo una sardina global e bisex. Ma siccome ora tutto è marketing, si archivia Antonio Gramsci e si segue Chiara Ferragni. Così il tetro sorriso residente sulla faccia della svizzera obamiana rassicura quell’élite capalbiese, solo apparentemente minoritaria, che detesta il caviale low cost venduto nelle coop bonacciniane.

Ma evidentemente non solo. La sfiducia generalizzata verso la politica aveva fatto dimenticare il fattore-pioggia che, in passato, favoriva la sinistra motivata contro la pigra borghesia. Ora borghese è chi preferisce l’apparato, e le Schlein girls, più contorno di Schlein boys, si sono bagnati davanti ai gazebo per fare l’impresa: prim* segretari* con schwa e, soprattutto, acclamato da quel centrodestra che lo vede come colpo di grazia per l’avversario.

Meteo a parte, era difficile immaginare questo trionfo della fuffa formato influencer su una certezza, economica oltre che politica, dell’Emilia un tempo rossa. Ma ora lo stato solido pare non conti più di tanto. E a trentasette anni Elly dovrà gestire un partito, impresa non realizzabile con i soli post sui social.

Stefano Bonaccini paga pure colpe non sue: è visto come un uomo vicino a quell’establishment che, non usando come stratega la moglie di Fedez, ha partorito un Enrico Letta per caso, nei secoli inesistente. Famiglia illustre, tessera che si incastrava nel puzzle della Paris chic, ha rappresentato una scheggia estranea ai nostalgici della sinistra vera, e per nulla credibile dal mantra del fluid gender e dai murgiani della porta accanto.

Ora sembrava importante trovare uno solido che cancellasse il nulla assoluto della passata gestione. Uno che rappresentasse quel rosso che pure negava, uno che risvegliasse la vecchia sinistra promettendo, implicitamente, che di sinistra ci sarà solo una gestione economica di lobby. Si sa, però, che dopo dure sconfitte si tende a rifugiarsi nelle estremità. E la Schlein è un eccellente prodotto di sintesi, programmato con tutti gli elementi inutili che attirano i sognatori del comunque nuovo.

Se avesse vinto Bonaccini, lei sarebbe stata probabilmente la sua vice e alleata, perché pastori di greggi diversi, ma nello stesso pascolo: ognuno dei due avrebbe avuto un compito che l’altro non avrebbe saputo svolgere. E le elezioni interne sarebbero state solo un modo per far sapere ai meno attenti che il Partito Democratico ha uno zoccolo duretto nella politica e nell’economia, affiancato da una fatina grigia che coccola chi inventa trasgressioni d’archivio.

Potevano essere una coppia inseparabile di qui alle prossime elezioni: lui con il solido modello emiliano, lei attirando Lgbtqia+, nerd, volontari di presidenziali Usa, orfani di grilli e nipoti di rockabilly, traghettisti mediterranei, pesce in scatola scaduto e, in generale, chi ignora che i miracoli sono in realtà programmati da computer uguali a quello che si racconta le abbiano rubato su un treno. E mai furto fu più provvidenziale, perché le ha fornito ben tre hashtag proprio nei giorni del marketing elettorale: le rubano il pc, ma lei è generosa e promette di donarlo ai ladri, se le fanno ritrovare lo zaino. Il fatto avviene in treno: vuol dire che lei viaggia su rotaie, autoblu-free. Chiede solo che le restituiscano le lettere dei fan i quali, non sapendo che è una tecno-videogiochista, sono gli unici a vergare con l’inchiostro la loro infinita ammirazione.

Comunque, ha vinto Elly. Che ora, almeno per l’ordinaria amministrazione, avrebbe bisogno di uno Stefano, il quale si è dichiarato subito disponibile: i rapporti con l’universo li terrà lei. Ma a lui chiederà di essere suo vice, invertendo i ruoli della Regione Emilia-Romagna, oppure i gazebo le hanno fatto credere di avere imparato tutto in un giorno?

Un ultimo dubbio: il Vaticano come reagirà a questo scossone nel partito degli ex-cattocomunisti?

Aggiornato il 28 febbraio 2023 alle ore 10:11