Torna Mani Pulite? E la politica?

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole; il sospetto o la sensazione che l’indimenticabile stagione di Mani Pulite sia ritornata o, almeno, si faccia viva in un modo o nell’altro. Sia la vicenda di Daniela Santanchè che la morte di Arnaldo Forlani sono a loro modo emblematiche di una storia giudiziaria senza fine. Ma con un inizio e un nome.

Intanto, la politica ha al suo centro un “convitato di pietra”, la giustizia, che è essenziale alla dinamica del Paese, un sistema indispensabile per ordine pubblico ma anche per investimenti e competitività. E, ovviamente, per giudicare.

Pier Ferdinando Casini, nel suo interessante libro non a caso dal titolo “C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano”, ripercorre la parentesi di Mani Pulite con inizio dal 1992. E, pur con la consueta prudenza di un moderato doc, passa in rassegna i non pochi snodi drammatici e le troppe vittime di quella ventata di giustizialismo che era bensì mediatico-giudiziario (ovvero con la determinata partecipazione dei media, tutti o quasi), ma con una caratteristica di fondo: la politicizzazione della magistratura. Che, sempre non a caso, risparmiò sostanzialmente il Pci-Pds.

A tal proposito, basta dare un’occhiata alla carriera di un Antonio Di Pietro o di un Gerardo D’Ambrosio, entrambi “premiati” dal Partito Democratico con seggi parlamentari e non solo, per comprendere il senso di quella entrata in politica della magistratura, che sembra di nuovo ritornare alle vecchie abitudini con il caso Santanchè.

Ma prima occorre dire qualcosa a proposito della scomparsa di Forlani, finito anche lui nel tritatutto, impietoso se non volgare, della persona umana come era nello stile del pm di Montenero di Bisaccia. E del suo teorema “non poteva non sapere” che, guarda caso, non fu adottato nei confronti di Massimo D’Alema dopo la scoperta del miliardo di Primo Greganti. Per non parlare dell’oro da Mosca (come scrisse onestamente Gianni Cervetti, uno fra i massimi dirigenti comunisti) mai neppure sfiorato dai teoremi del leggendario pool, benché si trattasse di massicci finanziamenti sistematici di una nazione nemica a un partito.

Il caso Santanchè ha molte similitudini non certo con l’oro di Mosca ma con quell’immarcescibile stile riguardo l’avviso di garanzia, che negli anni di allora era ritenuto illico et immediate una condanna per volontà dei giustizialisti, sempre sul piede di guerra in alleanza con i mass media. E, difatti, anche in questi giorni tale alleanza sta andando per la maggiore, inaugurando la nuovissima stagione, quella dell’avviso di garanzia non ricevuto ma letto sui giornali. I quali, ma sono cose che da sempre ci diciamo inter nos, se ne guardano bene da premettere che vale sempre e comunque il principio di innocenza. Con tutti. Insomma, come prima. Più di prima.

Aggiornato il 11 luglio 2023 alle ore 16:38