Calumet della morte

Sassolini di Lehner

Il mio grido di dolore so che non sarà raccolto, ma lo lancio lo stesso. La sciagurata strafatta, che ha ucciso due carabinieri, guidando come si addice ai più spietati pirati della strada, è stata immediatamente rimessa in libertà. Per non pensar male dei meandri alterni-interni del giudice, mi limito a considerare che evidentemente le leggi sono disegnate a favore di chi fa uso di droga. La cronaca ci racconta di incidenti stradali causati – per il 90 per cento – da cocainomani e consimili, adusi all’eroina, alle anfetamine e a quant’altro proviene dallo spaccio. Provare a passare sulle strisce e, talora, addirittura sul marciapiede, è divenuta ormai un’avventura estrema, talvolta da morituri.

Gli ipocriti di sinistra ci propinano 30 chilometri orari come panacea di ogni mortalità stradale – vedi gli infingardi compagni milanesi e bolognesi – ma non è questa la soluzione. Tantomeno, risolve alcunché il delirio di coloro che propongono il libero consumo di droghe, secondo loro “leggere”. Altri, travolti dal fumo, straparlano addirittura di utilità terapeutiche. Certo, quando il tumore ti dilania il cervello, serve la morfina. Il che non significa, però, che siffatta sostanza possa e debba essere liberamente prescritta dal medico di famiglia per un mal di testa o per il ginocchio della lavandaia.

Si tratta sempre degli stessi ipocriti di lotta e di green che dilapidarono denaro pubblico per incentivare l’utilizzo dei monopattini elettrici, veri e propri strumenti di morte stradale. Se, invece degli improbabili professionisti dell’antimafia, volessimo essere davvero i paladini della guerra alla mafia, alla ’ndrangheta, alla camorra, alla sacra corona unita, nonché ai pirati della strada, dovremmo avere il coraggio di sanzionare non solo lo spacciatore, ma anche il consumatore. Il consumatore è, infatti, in automobile o in moto, e non solo, un potenziale assassino. Talora pure stragista.

Battere la criminalità organizzata si può, astenendoci dalla vuota retorica antimafia, che è servita solo alla carriera di troppi mediocri, in toga e non, cominciando col considerare che anche il mercato degli oppiacei è governato dal rapporto tra domanda e offerta. Il giudice, il poliziotto, il politico, l’attore, il cantante, il regista, l’opinionista televisivo, il finanziere, il giornalista, il sacerdote, il vescovo, il cardinale e quant’altri assillano di richieste i pusher di riferimento sono complici conclamati delle mafie, nonché possibili autori di delitti di sangue.

Si tratta degli stessi propugnatori dell’accoglienza sempre e comunque, perché l’aumento degli immigrati, destinati allo spaccio, influenza al ribasso il prezzo delle dosi. Esiste una classe politica intellettualmente onesta e un tantino coraggiosa, da voler comminare le stesse pene per gli spacciatori anche ai consumatori? Se non dovesse esistere, allora vorrebbe significare che siamo nelle mani di una classe dirigente tossica, che aspira il calumet della morte.

Aggiornato il 15 aprile 2024 alle ore 09:54